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Il cardiologo di Cinquefrondi Michele Mammola ci ha lasciati

“Il dott. Michele Mammola, medico cardiologo di Cinquefrondi, provincia di Reggio Calabria, altruista professionista, ci ha lasciati per compiere la sua ultima missione di sanitario. Visse un periodo storico emergenziale, quando la ’ndrangheta era più forte che mai e la sua forza intimidatoria era tanto diffusa da consentire di compiere crimini efferati e infami come i sequestri di persona a scopo d’estorsione. La moglie, Prof.ssa Maria Graziella Belcastro, fu sequestrata a Cinquefrondi nella sua abitazione.
La sera del 26 settembre del 1988, poco dopo le 21:00, tre ’ndranghetisti dell’Anonima sequestri, armati e travisati di passamontagna, fecero irruzione nella villa, aggredendo e immobilizzando il fratello e il marito Michele Mammola, ai quali fu impedito di tentare una qualsiasi possibile reazione. Un bandito li teneva sotto il tiro della pistola mentre gli altri due complici presero con forza l’insegnante e, dopo averla imbavagliata con il nastro adesivo e incappucciata la testa con una federa, la trascinarono all’esterno dove c’era ad attenderli un’automobile a bordo della quale i sequestratori si allontanarono con l’ostaggio. Ansie, sofferenze e fede sostennero Graziella, in catene nelle prigioni dell’Anonima sequestri della ‘ndrangheta in Aspromonte, e sopportarono allo stesso modo Michele, che ne condivideva il destino.
Michele Mammola sapeva bene del triste destino dei sequestrati, era a conoscenza che tanti di loro non fecero più ritorno a casa e molti di essi non riuscirono più a riprendersi né a reagire alla terribile esperienza vissuta. Si aggrappò con tutte le sue forze alla speranza, fosse stato anche l’inferno.
A Michele lo consolava il calore della gente e l’impegno costante dei carabinieri, che continuavano imperterriti a cercarla tra i crinali dell’Aspromonte, nonché la presenza rassicurante dei brigadieri Gaetano Vaccari e Andrea Mantineo. Anche la Chiesa fu vicina alla famiglia. Ma la sofferenza subita segnò a entrambi i coniugi il corpo e l’anima per la vita. Furono orfani dello Stato e della popolazione i sequestrati.
La Calabria appariva terra di nessuno, un’immensa e inaccessibile prigione, un covo di mafiosi nel quale non era possibile distinguere la gente onesta, destinata a soccombere, come se fosse stata contagiata da un virus letale e lasciata a morire in quarantena.
Maria Graziella Belcastro fu liberata dai Carabinieri dopo 46 giorni di prigionia nelle montagne di San Luca e continuò a svolgere la professione di docente. In un momento cruciale nella lotta contro i sequestri di persona, insieme al marito, espresse il suo perdono per i suoi rapitori, scegliendo di testimoniare la terribile esperienza perché lo Stato riconoscesse ai sequestrati lo status di “vittime della mafia”. Una speranza inascoltata.
Adesso, con cuore grato, rendiamo l’ultimo saluto a Michele Mammola che, segnato dalla violenza mafiosa e dalle angosce custodite nel cuore, si è addormentato in serenità. Ai funerali celebrati a Cinquefrondi, il Generale C.A. Salvatore Luongo, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, è stato rappresentato dagli Ufficiali del Comando Provinciale di Reggio Calabria. Il Generale C.A. Salvatore Luongo, già Capitano a Taurianova e cittadino onorario di quel comune, impegnato in prima linea per contrastare il fenomeno dei sequestri di persona e in trincea contro tutte le attività criminali, che negli anni ‘80 furono alla ribalta delle cronache giudiziarie, ha continuato a mantenere rapporti amicali con la famiglia Mammola – Belcastro che, a viso aperto e con coraggio, affrontò i tentacoli velenosi della ‘ndrangheta”.

Così in una nota il capitano Cosimo Sframeli.

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