“L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari” - Antonio Gramsci
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Nella sede CAI Aspromonte conferenza con Antonio Barca

Ieri sera, nella sede del CAI sezione Aspromonte, si è consumata una pagina di memoria e di futuro. Ospite d’eccezione Antonio Barca, che di sé ama dire “montanaro”, ma che a chi ascolta la sua storia non può non apparire anche come un visionario. Un uomo che, con le radici ben piantate nella sua terra, sa guardare lontano.
La “chiacchierata” con Antonio è stata un viaggio nel tempo e nello spirito più autentico della montagna calabrese e dell’Aspromonte in particolare. Un racconto che ha rievocato i sacrifici enormi dei nostri nonni, generazioni che hanno attinto a un’economia povera, fatta di stenti e rinunce, ma che dalla montagna hanno tratto la forza per sopravvivere e per costruire comunità resilienti.
Ad incantare il pubblico, la storia della sua famiglia, legata da sempre ai territori di Delianuova, dove Antonio vive ancora oggi con la sua. Insieme alla moglie Therese, gestisce il Rifugio Biancospino, un faro di accoglienza e passione che da anni è meta fissa per escursionisti, ciclisti, scienziati e ricercatori. È Antonio stesso a guidarli, da custode esperto, in angoli semisconosciuti dell’Aspromonte, dove la natura domina ancora incontrastata e i cicli biologici proseguono senza la pesante interferenza dell’uomo.
Ma il suo non è stato solo un racconto idilliaco. Con onestà intellettuale, Antonio ha smitizzato la visione puramente poetica e a tratti romantica della vita in altura. Ha messo a nudo la durezza, le fatiche e i sacrifici che questo stile di vita comporta. Una scelta, la sua, dettata più da una passione viscerale che da reali soddisfazioni economiche, e condivisa ormai da pochissimi altri irriducibili.
Uno spunto per riflettere: la montagna quale futuro
La serata non può che spingere a una riflessione più ampia. Lo spopolamento delle aree montane e rurali, con il suo corteo di problemi, non è una questione che si possa risolvere con interventi spot o solo alla passione di chi come Antonio ha un legame intenso, profondo e radicato. Questi hanno un limite temporale intrinseco: una volta esauriti, le criticità si ripresentano, spesso in forma più complessa e grave di prima.
Le comunità montane e i centri rurali sono un presidio fondamentale. Vanno preservati, curati e sostenuti con investimenti strutturali e a lungo termine. Non sono spese, ma investimenti sul nostro futuro. Investimenti che avrebbero ricadute positive immediatamente tangibili: nella prevenzione degli incendi, nella lotta al dissesto idrogeologico e in molte altre criticità ambientali.
È giunto il momento di cambiare paradigma. I “servizi ecosistemici” di cui tanto si parla – la protezione della biodiversità, la regimazione delle acque, la tutela del paesaggio – non possono essere a costo zero. Riconoscere e sostenere economicamente chi, come Antonio, presidia e cura questi territori, non è solo un atto di giustizia, ma rappresenta l’unica strada per un futuro più sostenibile per il nostro fragile e complesso ambiente.
L’incontro di ieri sera è stato più di una conferenza: è stato un monito, un appassionato appello a non dimenticare le nostre radici, per poterle far fiorire di nuovo.

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