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Riforma della Giustizia, da Cdm via libera al ddl Nordio: cancellato abuso d’ufficio e stretta sulle intercettazioni

Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma presentata dal guardasigilli Carlo Nordio che tra l’altro cancella il reato di abuso d’ufficio e pone limiti al potere di appello del pm.

Ho sentito inesattezze sul vuoto di tutela che si realizzerebbe con l’abolizione dell’abuso d’ufficio che non c’è affatto, il nostro arsenale è il più agguerrito d’Europa”. Lo ha detto il ministro della Giustizia Nordio nella conferenza stampa al termine del Cdm.

Nella riforma approvata dal Cdm “non c’è un bavaglio alla stampa”, ha assicurato Nordio. “Spero che l’approvazione della riforma avvenga nel più breve tempo possibile. Mi auguro che l’opposizione sia fatta in termini razionali e non emotivi. Il Parlamento deve essere disposto ad ascoltare. Il mio auspicio è che si argomenti con le ragioni del cervello”, ha aggiunto Nordio.

Via l’abuso d’ufficio e stretta alle intercettazioni: tutte le novità. Nel primo pacchetto di riforme voluto dal ministro della Giustizia la cancellazione dell’abuso d’ufficio, modifiche al traffico di influenze illecite, fortemente ridimensionato, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini e sulla custodia cautelare, limiti alla possibilità per i pm di ricorrere in appello.

Ecco le novità introdotte.

ABROGAZIONE DELL’ABUSO D’UFFICIO E MODIFICHE A TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE – Abolizione dell’abuso d’ufficio e modifiche al traffico di influenze illecite, che viene meglio definito e tipizzato e “limitato a condotte particolarmente gravi”. Aumentano le pene previste che vanno da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi. Per il reato è anche prevista la non punibilità se l’autore collabora con la giustizia.

INTERCETTAZIONI. Non devono essere riportate le conversazioni e i dati relativi a soggetti non coinvolti dalle indagini, se non considerati rilevanti per il procedimento. Già oggi la legge vieta la pubblicazione del contenuto di intercettazioni fino al deposito: ora anche dopo il deposito degli atti, la pubblicazione del contenuto (totale o parziale) è possibile solo se le conversazioni sono citate dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzate nel corso del dibattimento. E non può essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti o e dai loro difensori. Viene inoltre ampliato l’obbligo di vigilanza del pubblico ministero sui cosiddetti brogliacci e il dovere del giudice di ‘stralciare’ le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti ‘dati personali sensibili’ anche quelli ‘relativi a soggetti diversi dalle parti’ (fatta salva, anche in questo caso, l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini).

MISURE CAUTELARI. Il ddl prevede interventi sull’applicazione delle misure custodia cautelare, per le quale sarà necessario l’interrogatorio di garanzia dell’indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove Si introduce il principio del contradditorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato ‘a sorpresa’. Questo per evitare l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva e per consentire al giudice un contatto diretto con l’indagato prima dell’adozione della misura. La decisione, nel caso della custodia cautelare in carcere, sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici. Questa disposizione, dato l’impatto sull’organizzazione dei tribunali, entrerà in vigore tra 2 anni per consentire un intervento di ampliamento della pianta organica dei magistrati di 250 unità.

INFORMAZIONE DI GARANZIA. Nel ddl si prevede che nell’informazione di garanzia deve essere ora contenuta una descrizione sommaria del fatto su cui si indaga, che oggi non è prevista. Si prevede anche che la notifica avvenga con modalità che tutelino maggiormente l’indagato, stabilendo che la consegna avvenga in modo da garantire la riservatezza del destinatario.

LIMITI ALLE IMPUGNAZIONI DEI PM. Il ddl ridisegna il potere d’impugnazione del pubblico ministero contro le assoluzioni in primo grado per escludere che possa proporre appello rispetto a sentenze relative a reati di contenuta gravità. Ma restano appellabili le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso.

GIUDICI POPOLARI IN CORTE D’ASSISE. Si introduce una norma di interpretazione autentica per chiarire che il requisito di età massima fissato per i giudici popolari delle Corti d’Assise in 65 anni deve sussistere soltanto al momento della nomina. Si evita così il rischio che, in procedimenti per gravissimi reati anche per mafia e terrorismo, siano ritenute nulle le sentenze pronunciate da Corti d’Assise nelle quali un giudice popolare abbia superato i 65 anni durante il processo.

Anm: via l’appello del pm? prevedibile incostituzionalità. L’ Anm ribadisce le sue critiche all’eliminazione dell’abuso ufficio. Ed è il presidente Giuseppe Santalucia a insistere sulle ragioni di fondo. “Il ministro Nordio sembra dimenticare che la riforma del 2020 punisce la violazione dolosa della legge, non di altre norme, quando la legge non consente alcuna valutazione discrezionale: cioè dice al pubblico ufficiale ‘deve fare questo o devi omettere di fare quest’altro’. Come si può pensare -dice intervistato da Radio anchio- che un comportamento di questo tipo in palese violazione di legge, fatta per avvantaggiare se stesso o i propri amici o danneggiare altri, possa sfuggire alla norma penale, io sinceramente non capisco”.

Secondo Santalucia l’abrogazione del reato non potrà avere l’effetto di fermare le indagini su questo tipo di condotte. “Quando il privato si sente violato dal pubblico ufficiale che secondo lui ha sfruttato l’ufficio per vantaggi personali, le indagini vanno fatte”. Anzi “l’abrogazione del reato , di fronte a una denuncia, costringerà il pm a trovare nel sistema una norma diversa con cui poter far luce su quanto avvenuto”. “Credo si vada incontro a una nuova pronuncia di incostituzionalità”, dice poi Santalucia sull’eliminazione del potere di appello del pm contro le sentenze di assoluzione per i reati non particolarmente gravi, contenuta nel ddl Nordio. “Questa norma era stata introdotta dalla cosiddetta legge Pecorella già nel 2006 e appena un anno dopo bocciata dalla Corte Costituzionale, che disse non si può alterare la parità delle condizioni tra pm e imputato”. E ora “si comprime il potere del pm e non si interviene sull’altro versante.E’ uno sbilanciamento a danno dell’accusa pubblica”.

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