“Le idee non possono realizzare nulla. Per realizzare le idee, c'è bisogno degli uomini, che mettono in gioco una forza pratica” - Karl Marx
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Calabria: la politica come favola per adulti

di Alfredo Muscatello – In Calabria, da vent’anni a questa parte, sembra che la sanità pubblica non sia mai stata davvero pensata per funzionare. Non è un incidente, né un destino cinico e baro: è un disegno. Un disegno che vuole l’acquedotto pieno di falle, cosicché la gente, stremata, finisca per comprare l’acqua in bottiglia. Il paradosso è che a gestire quell’acquedotto vengono messi proprio coloro che vendono le bottiglie. È come affidare la riserva d’acqua pubblica a chi costruisce e arricchisce con le fonti private. Un conflitto talmente evidente da sembrare barzelletta. Eppure diventa governo, diventa amministrazione, diventa normalità. L’elettorato, invece, continua a dare fiducia. Non alla logica, non all’evidenza, ma all’immagine. “È un uomo che ha fatto fortuna, che conosce il settore, che porta risultati.” È come il bambino che chiede: “Papà, esiste Babbo Natale?” e riceve un “sì” convinto, rassicurante. Ci crede non perché sia vero, ma perché è più bello crederci. Così il cittadino si fida del lupo per recintare il pollaio. Del leone per proteggere la giungla. Dell’imprenditore privato per custodire la sanità pubblica. E poi si stupisce se le galline spariscono, se gli animali vengono sbranati, se l’acqua nei rubinetti non scorre più. Questa non è una favola. È la cronaca di un sistema che ha educato un popolo a considerare “naturale” ciò che naturale non è: che il pronto soccorso non funzioni, che le liste d’attesa siano eterne, che un’analisi ti costi meno se vai da un laboratorio privato.

Non è natura, è scelta. È la X sul foglio elettorale.
E la sanità è solo l’esempio più evidente, perché in Calabria è emergenza quotidiana. Ma lo stesso schema si ripete ovunque: nei trasporti, nell’istruzione, nella gestione dei rifiuti. Il pubblico lasciato a marcire, il privato che avanza come unica alternativa. Il metodo è sempre lo stesso: giustificare qualsiasi cosa corrompendo chiunque con tornaconti personali. Promesse tanto più allettanti quanto più grande il bacino di elettori che si riesce a smuovere. Dipendenti di cliniche, lavoratori, piccole industrie, strutture para-statali con assunzioni a chiamata diretta: così si costruisce consenso. Il punto è semplice: un politico che ha interessi diretti nella cosa privata è un politico fallito in partenza. Il politico vero, quello che apparteneva a una generazione oggi quasi mitica, quella di Berlinguer e Pertini, è colui che studia i processi culturali, analizza la società, si preoccupa, come un padre di famiglia, di far quadrare i conti. Con la lungimiranza di vedere la propria regione ricca della sua cultura e il coraggio di dire no a compromessi che convengono solo a pochi. È sbagliato pensare che la politica sia occasione di arricchimento.
Il monito è chiaro: finché accetteremo che chi guida il pubblico lo faccia con un piede nel privato, saremo sempre sudditi e mai cittadini.
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