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Scarichi industriali non depurati nel Petrace: revocata autorizzazione a impresa

La Capitaneria di Porto di Gioia Tauro, guidata dal Capitano di Fregata (CP) Martino RENDINA, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, (Procuratore Emanuele Crescenti), all’esito di una lunga e complessa attività investigativa, ha individuato un illecito, copioso e continuato sversamento, nell’alveo del Fiume Petrace, di fanghi non depurati provenienti dal processo di lavaggio di inerti destinati alla produzione di calcestruzzo da parte di una nota attività industriale operante da anni nel settore.

L’operazione, che si inserisce nell’ambito della più vasta operazione ambientale “Nettuno”, promossa dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera tra il mese di Gennaio e Aprile 2024 su tutto il territorio nazionale e finalizzata alla tutela dell’ecosistema marino e costiero, ha avuto come “osservati speciali” le foci dei fiumi della Piana, in particolar modo del Petrace e del Mesima, che sono state passate al setaccio da parte dei militari.

Attraverso sopralluoghi via terra, attività di monitoraggio via mare e osservazione a mezzo drone (attività svolta con il supporto della Polizia locale di Palmi), è stata così individuata l’illecita immissione nel fiume Petrace, a poche decine di metri dalla foce, dei reflui non depurati promananti dal predetto ciclo industriale.

La strana colorazione delle acque in prossimità della foce del fiume, i frequenti fenomeni di torbidità dell’acqua di mare immediatamente antistante la foce, rilevati durante le osservazioni condotte dalle motovedette dei militari, hanno trovato una giustificazione quando i militari, con l’ausilio delle riprese aeree e con sopralluoghi via terra, hanno scorto un canale di scolo proveniente dal sedime dell’impianto produttivo parzialmente nascosto dalla fitta vegetazione che insiste sulla sponda del fiume.

Dalle indagini svolte successivamente, anche grazie al supporto fornito da personale della Polizia Metropolitana di Reggio Calabria, da tecnici dell’ARPACAL, nonché dall’Università della Calabria – Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra, è stato accertato che l’azienda, attraverso l’impiego di una condotta interrata a circa tre metri di profondità e sita all’interno delle vasche dell’impianto di depurazione, bypassava l’intero sistema di depurazione, rendendolo di fatto inoperante e scaricando i reflui non depurati direttamente all’interno del fiume.

        L’intero impianto, per il pericolo di arrecare ulteriore e grave pregiudizio all’ambiente marino e costiero (le analisi di laboratorio svolte sui campioni prelevati dai militari hanno restituito valori di alluminio, ferro, rame e zinco, altamente al di sopra dei limiti tabellari previsti dalla normativa di settore), è stato, pertanto, sottoposto a sequestro da parte dei militari lo scorso mese di Gennaio e l’attività produttiva è stata conseguentemente interrotta.

A seguito di ulteriori accertamenti condotti dalla Capitaneria di porto – Guardia Costiera di Gioia Tauro, sono state altresì rilevate numerose gravi ulteriori violazioni in materia ambientale, tra cui spicca lo smaltimento illecito dei fanghi essiccati accumulati all’interno delle vasche di depurazione, (che venivano ceduti a terzi come fertilizzanti), la mancata realizzazione di pertinenze proprie dell’impianto di depurazione, la mancata tenuta dei formulari, nonché dei registri di carico e scarico rifiuti, il mancato rispetto di molte prescrizioni sottese all’autorizzazione unica ambientale rilasciata alla ditta, tra cui l’assenza delle previste analisi di autocontrollo, l’assenza del quaderno di registrazione dei dati e del quaderno di manutenzione dell’impianto.

Accertata la sussistenza di reiterate e gravi violazioni in materia ambientale, ma anche paesaggistica ed edilizia (il sito produttivo insiste su aree soggette ai relativi vincoli), i militari della Capitaneria di Porto di Gioia Tauro hanno deferito il titolare della ditta all’A.G. e nei suoi confronti sono state, altresì, elevate le previste sanzioni amministrative.

Altresì, i militari hanno formalmente richiesto alla Città Metropolitana di avviare il previsto iter amministrativo per la revoca dell’autorizzazione unica ambientale (A.U.A. – documento autorizzativo che ingloba tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per un’azienda) a buon esito del quale, i funzionari della Città Metropolitana hanno immediatamente revocato, nello scorso mese di giugno, l’autorizzazione allo scarico prevista all’interno dell’A.U.A., impedendo così all’impresa di porre in essere in futuro ulteriori condotte volte a compromettere in materia irreversibile l’ambiente.

La complessa attività di indagine, frutto della costante azione di coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, nonché della collaborazione fornita per gli aspetti afferenti alla documentazione contabile dell’azienda, dal Gruppo della Guardia di Finanza di Gioia Tauro, ha determinato la chiusura di fatto dello stabilimento produttivo sito a pochi metri dall’alveo fluviale e in prossimità della foce del fiume Petrace.

La tutela dell’ambiente marino e costiero da ogni forma di minaccia antropogenica, fanno sapere dalla Capitaneria di porto di Gioia Tauro, è il principale obiettivo sul territorio per la Guardia Costiera, che, pertanto, continuerà a vigilare sul rispetto delle norme a tutela dell’ambiente, purtroppo ancora non pienamente da tutti rispettate con conseguenze e ricadute gravi sul territorio e specialmente sul mare e sulle spiagge.

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