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Straziami, ma di Reggina saziami

di Claudio Cordova – Circa 48 o 60 ore fa, più o meno, avevo un foglio Word bianco, aperto sul pc. Avevo anche iniziato a scrivere un editoriale sul deposito delle motivazioni di uno dei più importanti processi di ‘ndrangheta della storia, il processo “Gotha”. Ma poi ho pensato: “Ma chi me lo fa fare? In queste ore dovrebbe arrivare il verdetto del Tar sull’ammissione della Reggina in serie B, a chi vuoi che importi di “Gotha”, della ‘ndrangheta, della città?”.

E così ho lasciato riposare un po’ il pc, fiaccato da ore di lavoro.

Già, proprio mentre il destino della Reggina è in bilico, a chi volete che importi la sentenza di un processo che, non solo ricostruisce i rapporti tra ‘ndrangheta, massoneria, servizi segreti deviati, ma che fa di più: ci dice che Reggio Calabria sia stata, per anni, un laboratorio criminale, un centro nevralgico per sperimentare le peggiori alleanze possibili, per condizionare la storia, non solo della Calabria, ma anche di alcuni degli snodi più importanti (e oscuri) della storia d’Italia.

Silvia Capone, il giudice che, nel luglio 2021, ha emesso la sentenza di primo grado ha impiegato due anni per scrivere oltre 7.000 pagine. Pagine che, sebbene, evidentemente, possano di fatto parlare solo dei capi d’imputazione contestati, se analizzati in termini storici e sociali, ci spiegano perché un territorio come quello calabrese e come quello reggino in particolare, sia condannato all’irrilevanza totale, fatta eccezione per l’ambito criminale, dove invece svetta.

Un territorio che, da sempre, è amministrato dalla classe dirigente più corrotta, più ignorante, più inetta, più truffaldina della storia d’Italia. Un territorio che si sta spopolando delle personalità migliori, lasciando solo i peggiori, coloro i quali in questa melma sguazzano, perché possono brigare, possono vivere del sotterfugio e delle clientele. Oltre che, ovviamente, della simpatia per la ‘ndrangheta che la maggior parte della popolazione prova. Gli altri, in qualche modo, vanno via. In qualche modo, perché è anche un territorio senza un aeroporto, oltre che senza servizi, dove, se si è malati e si ha qualche risparmio, ci si può curare altrove. Altrimenti, si muore.

Quelle oltre 7.000 pagine, come detto, si occupano dell’oggetto del processo “Gotha”, ma, indirettamente, ci spiegano perché quel sistema di masso-‘ndrangheta che, da almeno 50 anni, domina Reggio Calabria e la Calabria, sia stato sempre e comunque accettato di buon grado da cittadini che non sono vittime, ma complici di quel sistema.

Il deposito delle motivazioni del processo “Gotha”, rilanciate, ovviamente, dagli organi di stampa, è passato, di fatto, inosservato. Un po’ per via del poco brillante corso giudiziario che vive il territorio, con Istituzioni sempre più lontane dalla cittadinanza che, con i loro comportamenti di questi anni, hanno incoraggiato la popolazione a un disimpegno cui è ampiamente predisposta. Un po’ perché la città, la sua componente intellettuale, la sua libertà di pensiero, il suo coraggio di schierarsi dalla parte giusta, la sua rabbia di reagire alle angherie, sono morte molto tempo fa.

Del resto, tutta la popolazione, fiaccata spesso dall’assenza di servizi essenziali quali la raccolta dei rifiuti o la carenza di acqua potabile, era tutta presa e compresa dall’attesa per l’esito del ricorso formulato dall’ex idolo Felice Saladini. Mi sono già espresso su cosa penso degli utili idioti che, ciclicamente, si inginocchiano davanti al Gallo o al Saladini di turno.

In una delle città più disastrate d’Italia, solo la Reggina diventa vessillo per cui lottare. E così, ogni altra notizia, ogni altro problema, passa in secondo piano. Non è retorica, né disinteresse verso il calcio, che, non solo amo, così come riconosco il valore sociale ed economico che una squadra possiede per il territorio. Ma è semplicemente ridicolo che, di fronte a uno dei periodi più tristi vissuti dalla città, ci si possa infervorare SOLO per la Reggina, anche a fronte di altri problemi contemporanei. Una lotta di audience impari: dove la Reggina rappresenta il Festival di Sanremo su Rai 1 e lo stato della città, stuprata dalla ‘ndrangheta (anche grazie a qualche uomo forte della politica che sta provando a tornare in auge) il concomitante film con Bud Spencer e Terence Hill su Rete 4.

Inutile dirvi che io avrei guardato tutta la vita il secondo.

Invece il cittadino medio, dopo essersi fatto andare giù politici in combutta con la ‘ndrangheta, chiusure di servizi, smantellamento del sistema trasporti, gonfia il petto di fronte a una pronuncia che sembrava ai più nell’aria. L’unico rigurgito di (pseudo) dignità, il cittadino lo ha se si parla di Reggina. Lo stiamo vedendo in queste ore. Con la solita sindrome da Calimero, che non indica la causa come colpevole, ma le ovvie conseguenze dei comportamenti, gridando al complotto.

Perché in fondo siamo sempre lì: senza quel ventre molle rappresentato dai reggini (anche dalla intellighenzia), non avremmo avuto il sistema masso-‘ndranghetista che ha reso Reggio Calabria la capitale del crimine organizzato. Non avremmo avuto soggetti istituzionali collante tra mondo criminale e mondo dei colletti bianchi. E non avremmo avuto i vari Gallo e Saladini, con i loro danni sportivi, che (Consiglio di Stato permettendo) sono anche enormi danni sociali.

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