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Circolo PD Cosenza Marica Zuccarelli: “Contrastare la violenza maschile sulle donne: basta facciate, servono scelte di governo”

“La violenza contro le donne non è un insieme di episodi isolati: è un fenomeno sistemico, radicato in una cultura patriarcale che questo governo non solo non contrasta, ma in molti casi appoggia apertamente. È il prodotto di un ordine sociale preciso, che assegna agli uomini il potere e alle donne la subordinazione.
È dentro questa cornice che vanno lette le scelte politiche che hanno segnato questi anni. I tagli ai centri antiviolenza, la precarizzazione dei servizi, l’assenza di investimenti strutturali sul sostegno alle donne e la cancellazione di ogni percorso di prevenzione sono responsabilità politiche chiare. Se la legge sul consenso è stata finalmente approvata, passo fondamentale, risulta ancora insufficiente in un Paese che continua a considerare il corpo delle donne un terreno di contesa culturale e politica.
Negli ultimi anni il governo di Giorgia Meloni ha radicalmente ridotto le risorse per la prevenzione della violenza di genere. Secondo ActionAid, i fondi per la prevenzione sono calati da oltre 17 milioni nel 2022 a circa 5 milioni nel 2023. Queste risorse sono vitali: finanziano campagne di sensibilizzazione, progetti territoriali, e soprattutto il lavoro dei Centri antiviolenza (CAV). I CAV non sono un lusso: sono presidi essenziali che ogni giorno accolgono donne in crisi, offrendo protezione, ascolto e percorsi di autonomia. Ridurre questi fondi significa rendere ancora più fragile l’unica rete capace di intervenire davvero quando una donna chiede aiuto.
Mentre i dati ci dicono che solo il 12,2% delle violenze da partner viene denunciato e che solo il 15,7% delle donne che chiamano il 1522 riesce poi davvero ad arrivare a una denuncia, il governo Meloni continua a raccontare una realtà parallela fatta di slogan, non di soluzioni. Arriviamo persino a sentire Roccella dire che “ogni donna che non viene uccisa è un fatto positivo”. Come se la sopravvivenza fosse un merito. Come se per valutare l’efficacia delle politiche pubbliche dovessimo accontentarci del fatto che “non tutte” vengano ammazzate.
La stessa ministra, insieme al ministro Nordio, ha sostenuto che l’educazione sessuo-affettiva non servirebbe e che la parità sarebbe ostacolata addirittura dal “codice genetico maschile”. Parole gravissime, che mostrano un governo ideologicamente contrario alle uniche misure davvero efficaci per prevenire la violenza: educazione, cultura, consapevolezza, redistribuzione del potere.
A tutto questo si aggiunge un Paese che continua a ostacolare la libertà economica delle donne. L’Italia ha uno dei tassi occupazionali femminili più bassi d’Europa, molto distanti dalla media UE. Senza lavoro, senza autonomia economica, senza welfare: ecco perché molte donne non possono uscire dalla violenza. Non perché “non vogliono”, ma perché lo Stato non offre loro gli strumenti per farlo.
Un focus necessario: la condizione delle donne nel Mezzogiorno e in Calabria
L’assenza di politiche serie nel Mezzogiorno amplificano il fenomeno e le diseguaglianze già presenti nel meridione. La disoccupazione femminile è più alta della media nazionale, i servizi sono più fragili, il welfare praticamente inesistente. La Calabria è tra le regioni con il più basso tasso di occupazione femminile d’Europa: questo significa più dipendenza economica, meno possibilità di fuga, più vulnerabilità.
Sotto la guida di Roberto Occhiuto, i CAV in Calabria restano fragili e distribuiti a macchia di leopardo, lasciando vaste aree del territorio senza presìdi stabili. Le risorse sono insufficienti, tardive e frammentate, incapaci di garantire continuità operativa e personale qualificato. A fronte di annunci e iniziative di facciata, la rete regionale rimane debole e diseguale e in molti territori.
In una regione dove le donne hanno meno lavoro, meno servizi e meno strumenti, questa gestione non è solo inadeguata: è politicamente irresponsabile. Se vogliamo davvero proteggere le donne calabresi, la giunta Occhiuto deve passare dai proclami ai fatti, investendo in modo strutturale e pluriennale nella rete dei CAV e delle case rifugio, superando i fondi una tantum e garantendo coperture stabili. E deve rafforzare seriamente il reddito di libertà, oggi incapace di rispondere alla mole reale delle richieste.
Abbiamo bisogno di un welfare che esista davvero: nidi, congedi equi, servizi territoriali, educazione sessuo-affettiva nelle scuole, formazione, prevenzione, parità salariale e una rete istituzionale che riconosca la natura sistemica della violenza.
Perché non è la retorica che salva le vite: sono le scelte politiche. E queste, finora, il governo nazionale e quello regionale non le ha fatte.
La Presidente del Consiglio ama ripetere che “le donne devono credere nello Stato”. Ma è lo Stato che, sotto il suo governo, ha smesso di credere nelle donne. Ha smesso di finanziarle, di proteggerle, di ascoltarle. Ha scelto l’ideologia al posto dei diritti. Non abbiamo bisogno di una corsa: vogliamo un Presidente del Consiglio femminista, che metta le donne e i loro diritti al centro delle scelte politiche”.
Lo afferma in una nota Rosi Caligiuri, segretaria PD Cosenza e delegata nazionale Democratiche.
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