“Parlare oggi di ‘ndrangheta o di sistemi criminali integrati, perché ovviamente i grandi sistemi mafiosi lavorano a stretto contatto l’una con l’altra, è un impegno ancora più gravoso rispetto al passato”. Si apre così l’incontro con il Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, a Trame 12.
Insieme al giornalista Giovanni Tizian, in una piazza gremita di persone a Lamezia Terme, ripercorrono a 30 anni di distanza dalle stragi del ’93, le evoluzioni e gli schemi ricorrenti di un sistema criminale, che sarebbe sbagliato rinchiudere dentro confini territoriali.
Per anni, anche in sede processuale, si è immaginata la ‘Ndrangheta come un’insieme di famiglie fortemente radicate sul territorio, quando era già in essere un sistema unito, che operava già a livello internazionale.
“Oggi noi parliamo di un fenomeno endemico”, continua Lombardo, “strutturale, oltre che strutturato, che richiede un’attività di contrasto sempre più evoluta, che ad esempio non può prescindere dalle nuove tecnologie, perché le modalità tradizionali non bastano più”. Si muovono capitali enormi, perché “non è banale dire e riconoscere che la ‘Ndrangheta è il principale protagonista del narcotraffico internazionale”. “E le cifre enormi che ne derivano”, afferma ancora il procuratore,”credo che che siano un dato ancora non pienamente recepito”.
Per questo motivo, oggi più che mai le attività di indagine dovrebbero integrarsi maggiormente con l’uso della tecnologia e, continua Lombardo: “con strumenti normativi sempre migliori, che non significa assolutamente aggiungere norme a quelle già esistenti”.
Bisogna riuscire a dimezzare quella famosa lunghezza, che le mafie hanno ancora rispetto alla giustizia, che necessariamente deve lavorare sugli accadimenti che si verificano, mentre “loro invece sono orientati a programmare le azioni criminali, ad analizzare i mercati. E lo fanno a livello mondiale”.
A proposito delle riforme proposte recentemente sull’uso delle intercettazioni, il traffico di influenze e l’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio, il procuratore Giuseppe Lombardo ritorna sulla necessità dello Stato di rispondere in modo rapido a ciò che accade:” Io non so se il sistema attuale sia il migliore possibile, probabilmente no, ma aggiungere alle norme che già esistono altre norme, probabilmente non serve, anzi genera incertezza e l’incertezza porta alla perdita di autorevolezza. Se uno Stato non è autorevole non è in grado di sconfiggere determinati fenomeni”.
La domanda di Giovanni Tizian sulle implicazioni che però queste riforme possono generare sulla lotta alle reti con quella che per tanto tempo è stata nominata zona grigia, in riferimento ai cosiddetti colletti bianchi, il procuratore Lombardo apre la discussione ad un’analisi molto più profonda e netta.
C’è un sistema ordinario delle mafie che opera nel quotidiano dei territori, ma è riduttivo e sbagliato pensare ad una zona grigia come qualcosa di esterno, quando si parla di gruppi che tendenzialmente non prendono ordini da nessuno.
Si parla di ‘Ndrangheta stragista e del suo ruolo nel periodo delle stragi ed è impensabile non inquadrarla in un sistema molto più strutturato, che comprende non solo le tante famiglie che interessano i territori calabresi, ma che collega anche Cosa Nostra, la Camorra e la Sacra Corona Unita.
“Il periodo stragista rientra in un disegno che ha anche ricadute politiche”, continua il procuratore di Reggio Calabria, facendo riferimento alla capacità delle mafie di destabilizzare la democrazia, condizionando le dinamiche economiche europee e mondiali, attraverso l’immissione di capitali sporchi nel sistema economico.
Un fenomeno endemico che al di là della visione a volte miope, si costruisce da tempo e del quale la ‘Ndrangheta è fautrice storica. A tal proposito, Lombardo racconta alcune delle testimonianze del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino di Cosa Nostra, che già nel 1994 aveva fatto riferimento alla ‘Ndrangheta e ad un progetto che prendeva forma da anni: “si era dato vita ad una struttura criminale composta non soltanto da componenti tipicamente mafiose, ma appartenenti infedeli a varie istituzioni, esponenti politici, massoneria, professionisti. Era davvero il punto più alto di questo mondo.” Ed in Calabria questo sistema era già operativo da molti anni.