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‘Ndrangheta padrona del narcotraffico internazionale 108 arresti con l’inchiesta “Eureka”. Interrotti flussi di denaro per 2,5 miliardi di euro

di Claudio Cordova – Un network criminale composto da ‘ndrangheta, cartelli sudamericani, ma anche membri di organizzazioni orientali, come i pakistani. Attraversa il mondo l’inchiesta “Eureka”, come attraversava il mondo l’ingente quantità di droga manovrata dai gruppi criminali, che avevano trovato la quadra per movimentare milioni di euro.

I dettagli operativi dell’inchiesta

Sono 108 le misure cautelari eseguite dal ROS e il Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda reggina, retta da Giovanni Bombardieri. Le persone coinvolte devono rispondere, a vario titolo per associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (con l’aggravante della transnazionalità e dell’ingente quantità), produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, detenzione/traffico di armi anche da guerra, riciclaggio, favoreggiamento, procurata inosservanza di pena, trasferimento fraudolento di valori e altri reati.

Arresti eseguiti in tutta Italia, visto che l’esecuzione degli arresti è stata a cura dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Vibo Valentia, Pescara, Milano, Salerno, Catania, Savona, Bologna, Vicenza, L’Aquila, Ancona, Roma, Cagliari, degli Squadroni Eliportati Cacciatori di Calabria, Puglia e Sicilia, nonché del 8° Nucleo Elicotteri e del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia.

Un’inchiesta, quella coordinata dalla Dda reggina, svolta in coordinamento anche con le Procure di Milano e Genova. Le operazioni sono state coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo diretta dal Procuratore Giovanni Melillo, per il versante italiano, ma anche con le Procure tedesche di Monaco I, Coblenza, Saarbrücken e Düsseldorf e l’Ufficio del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Limburg ed il Procuratore Federale di Bruxelles, coordinate da Eurojust.

Nello stesso ambito di indagine, ed a seguito dello stretto coordinamento investigativo con la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Roberto Di Palma, è stata data esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di due soggetti minorenni all’epoca dei fatti.

‘Ndrangheta signora incontrastata del narcotraffico internazionale

Il cervello del narcotraffico internazionale gestito dalla ‘ndrangheta resta, dunque, la Locride. L’indagine condotta dall’Autorità Giudiziaria reggina è stata avviata nel giugno 2019 a seguito di raccordi tra l’Arma e la Polizia federale belga che stava investigando su alcuni soggetti riferibili alla cosca Nirta di San Luca attiva in Belgio, a Genk, dedita, tra l’altro, al narcotraffico internazionale.

Le investigazioni hanno però attenzionato anche gli affari della famiglia Strangio “fracascia”, di San Luca, fino ad arrivare alla locale di ‘ndrangheta di Bianco, nel cui ambito sono stati ricostruiti gli assetti interni, numerose condotte relative ad acquisto di cospicue quantità di cocaina per il mercato locale (non concretizzatesi per mancanza di accordo con i fornitori), di detenzione e porto di armi da guerra, rese clandestine, di reinvestimento di capitali illeciti in attività imprenditoriali – sia in Italia che all’estero – in particolare nei settori della ristorazione, del turismo e immobiliare.

Per il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, che ha illustrato i dettagli dell’inchiesta, si è andato a incidere sul modello di business, dato che si è riusciti a documentare i legami tra organizzazioni criminali così lontane e così diverse.

I rapporti con le altre organizzazioni criminali

Il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, rincara la dose parlando di “integrazione di strutture criminali” e di “giganteschi network con comuni strategie e scelte logistiche”. L’indagine “Eureka”, infatti, dà la dimensione globale degli affari ‘ndranghetistiche, investigando l’operatività di tre associazioni contigue alle maggiori cosche del mandamento jonico reggino, con basi operative in Calabria e ramificazioni in varie regioni italiane e all’estero.

Le tre consorterie, anche in sinergia tra loro, si rifornivano direttamente da organizzazioni colombiane, ecuadoregne, panamensi e brasiliane, risultando in grado di gestire un canale di importazione del narcotico dal Sud America all’Australia, ove il prezzo di vendita dello stupefacente risulta sensibilmente più alto rispetto al mercato europeo.  Sono stati registrati contatti con esponenti del clan del golfo, preminente organizzazione paramilitare colombiana impegnata nel narcotraffico internazionale.

Numerosi sono stati gli episodi di importazione via mare censiti. Non solo il “classico” porto di Gioia Tauro. Ma anche i porti del Nord Europa, Anversa e Rotterdam soprattutto. Le investigazioni, svolte anche tramite agenti sotto copertura avrebbero permesso di accertare che, tra maggio 2020 e gennaio 2022, sono stati movimentati oltre 6.000 kg di cocaina, dei quali più di 3.000 kg oggetto di sequestro: i flussi di denaro riconducibili alle compravendite dello stupefacente venivano gestiti da organizzazioni composte da soggetti di nazionalità straniere, specializzati nel pick-up money, o da spalloni che spostavano denaro contante sul territorio europeo. Le movimentazioni di denaro hanno interessato Panama, Colombia, Brasile, Ecuador, Belgio e Olanda.

I flussi di denaro

L’acquisto della droga avveniva in due modi da parte dell’organizzazione calabrese. O tramite l’acquisto all’origine, al prezzo di 7mila dollari al chilogrammo. Oppure, intervenendo sul commercio della droga fatta arrivare in Italia e in Europa dai cartelli sudamericani.

E’ il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, che ha coordinato le indagini, a dare un quadro impressionante dei flussi di denaro mossi dall’organizzazione criminale. Si parte da un investimento di base da 22 milioni e mezzo di euro. Ma le 23 tonnellate sequestrate avrebbero fruttato all’organizzazione criminale circa 2,5 miliardi di euro. Senza contare che nelle intercettazioni si parla di ulteriori altre 30 tonnellate che stavano per essere “lavorate”.

Gli investimenti all’estero

Delle somme spostate dall’organizzazione criminale, una parte importante sarebbe stata reimpiegata nell’acquisto di auto e beni di lusso, nonché utilizzata per avviare/finanziare attività commerciali in Francia, Portogallo e Germania, ove venivano anche riciclati sfruttando attività di autolavaggio.

In Germania, l’organizzazione calabrese avrebbe investito soprattutto in gelaterie, mentre in Portogallo (a Lisbona, Braga e Oporto) in ristoranti. Solo rimanendo al versante portoghese, è stato sequestrato mezzo milione di euro in contanti.

Rocco Morabito, “Tamunga”

Un’inchiesta in cui emerge, ancora una volta, la figura di Rocco Morabito, detto “Tamunga”, già latitante di massima pericolosità inserito nel programma speciale di ricerca del Ministero dell’Interno, tratto in arresto dall’Arma in Brasile nel maggio 2021, unitamente a Vincenzo Pasquino, all’epoca latitante per la DDA di Torino.

Dopo la rocambolesca evasione in Uruguay nel 2019, si sarebbe immediatamente organizzato in nuovi traffici di droga, commercializzando, circa 200 chili di cocaina, tramite una fitta rete di fiancheggiatori. Il gruppo riconducibile, appunto, al latitante Rocco Morabito era attivo, oltre che nel narcotraffico, anche nella compravendita di armi.

Le indagini hanno evidenziato che la consorteria aveva offerto un container di armi da guerra, da approvvigionarsi tramite non meglio identificati soggetti pakistani, a un’organizzazione paramilitare brasiliana che, in cambio, avrebbe spedito ingenti quantità di stupefacente presso il porto di Gioia Tauro.

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