“L'arte di non sapere, che non dev'essere confusa con l'ignoranza, perchè gli ignoranti non sono responsabili della loro triste condizione, nasce da un'idea autolatra ed egocentrica del mondo e della società” - Luis Sepúlveda
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La Calabria che accoglie, a Scilla una famiglia apre all’affido internazionale di un minore ucraino

Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa dal centro comunitario Agape

Il volto di Oksana riassume quello che è l’impatto della guerra sulla vita di migliaia di
donne ucraine che vivono ogni giorno sotto l’incubo dei bombardamenti, al freddo, con
il rischio di essere uccise, magari con i propri figli, da colpi di mortaio o da missili che
distruggono ciò che capita sotto tiro, come un terremoto che demolisce tutto
all’improvviso. Oksana ha un volto segnato da una profonda tristezza, con gli occhi
senza lacrime dopo averle consumate tutte, dalla paura per il marito e il figlio che
stanno combattendo e che non sa se al termine della giornata li potrà rivedere o almeno
sentirli. Per questo ha deciso di portare in Calabria il figlio quattordicenne Vlady con
la speranza di sottrarre almeno Lui ai pericoli della guerra. Un affido che durerà sei
mesi, con la speranza che questa devastante guerra si concluda presto. Ha affrontato
due giorni di viaggio che si concluso con la consegna del figlio alla famiglia di Scilla
che ha deciso di accoglierlo nel rispetto delle procedure previste per queste emergenze
umanitarie. E’ stato un momento molto emozionante l’incontro della mamma e del
figlio con la famiglia di Maria e Fortunato, il problema della lingua non ha permesso
di esternare i sentimenti che la donna provava, ma anche senza pronunciare parole
traspariva chiaramente nel suo volto la sofferenza per il distacco assieme alla
gratitudine per questa sorta di pronto soccorso che è riuscita a trovare in questa
famiglia. Un nucleo familiare di gente semplice, lui macellaio, lei casalinga, con
quattro figlie, tutte concordi ad aprire le porte della loro casa a questo loro coetaneo
che chiedeva accoglienza in questo momento delicato della sua vita. Alla domanda sul
perché hanno deciso di fare questa scelta rispondono così. Il motivo è facile da
individuare: guardare quelle immagini al telegiornale delle mamme che
abbracciavano i figli senza riuscire a difenderli e a proteggerli è qualcosa che da
genitori ci ha toccato profondamente. Abbiamo quattro figlie in età adolescenziale e
inevitabilmente ci siamo chiesti se fosse successo a noi che fine avrebbero fatto i nostri
figli? da qui nasce la nostra scelta: dalla gratitudine nei confronti della vita che
riteniamo essere stata fin troppo generosa nei nostri confronti donandoci quattro figli
splendidi che non hanno avuto alcuna ritrosia nel fare “spazio” a un nuovo fratello!!!!
E dal desiderio di prestare le nostre braccia a quelle mamme che non erano in grado
di proteggere i propri figli. L’affido è stato reso possibile anche per la disponibilità
della commissaria prefettizia Antonia Surace e dall’assistente sociale Anna Maria
Bellantoni che hanno curato le procedure burocratiche per la sottoscrizione dell’affido
che prevede l’accompagnamento della famiglia da parte del Centro Comunitario
Agape. In occasione della firma la commissaria, che non ha nascosto la sua
commozione per la vicenda, ha pronunciato parole di ringraziamento e di
incoraggiamento ad Oksana .per il suo coraggio e per la sua determinazione a fare
tutto il possibile per la tutela del figlio, con il sacrificio del distacco e della rinuncia,
anche se temporanea, ad averlo vicino.

Visto il perdurare della guerra anche altre mamme ucraine stanno chiedendo al
Centro Agape disponibilità di altre famiglie a questo servizio di affido
internazionale che sicuramente non è risolutivo per il futuro di questi minori ma
rappresenta comunque una sorta di piccolo corridoio umanitario per stare loro
vicini, per non lasciarli soli. Questa esperienza rappresenta un piccolo raggio di
luce nel buio che ha avvolto il Paese con la tragedia umanitaria di Cutro e che ha
visto la Calabria toccata direttamente da questa triste vicenda. Una piccola
testimonianza che viene dalla Calabria che pur vivendo mille emergenze dimostra
che accogliere chi scappa da un paese in guerra è possibile, anzi doveroso

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