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Giornata Mondiale per la Salute Mentale, alcune considerazioni di don Francesco Farina

Introdotta nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la Salute Mentale in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, anche quest’anno il 10 ottobre è stata celebrata la Giornata Mondiale per la Salute Mentale.

Questo argomento è molto caro anche alla Chiesa Cattolica Italiana, tanto che nel mese di marzo di quest’anno si è svolta la settima edizione di “La Chiesa Italiana e la salute mentale”, organizzato presso il palazzo della Cancelleria a Roma. L’ultimo tema affrontato è stato quello delle Grandi Solitudini.

Vorrei brevemente soffermarmi su questo aspetto: la solitudine.

Una persona sola può diventare una patologia o un problema? Spesso associata a mancanza di empatia, sociopatia o disturbi come la sindrome di hikikomori, il disturbo schizoide o altri problemi legati alla costruzione di relazioni la solitudine sta diventando un vero e proprio dramma sociale. Un autentico peso. E si sa, le persone sono stanche di portare i pesi degli altri. Sono già abbastanza occupate dai propri guai. Aprendo l’agenda, dalle 7 del mattino alle 23 abbiamo in programma diversi incontri con guai e problemi. Non possiamo farci carico di ulteriori problemi. Cosi facendo il solo, che è simile a un tavolo a quattro gambe il quale ne ha perso una, non trova mai l’artigiano che lo aiuta a recuperare l’equilibrio. A tutto questo naturalmente affianchiamo giustificazioni validissime, che vanno dal non essere un terapeuta a un non sentircela a gestire determinate situazioni. Tutte queste sono ragioni difficilmente smentibili. Del resto, io, Francesco, 40 anni, non sono “uno bravo” e tu che ti fai prossimo a me, per le tue difficoltà… Meriti “uno bravo”, anzi, il migliore!

Peccato…c’è un piccolo problema, che fa cadere come un castello di carte con un tornato queste nostre difese. Dinanzi a noi, non abbiamo una patologia, che richiede scienza per essere curata, bensì una persona. Abbiamo un umano che ci domanda il più delle volte semplice prossimità. E per garantire la prossimità, una mano tesa, non abbiamo certo bisogni di particolari skill e competence…

Torniamo umani e se non l’abbiamo ancora fatto accarezziamo e lasciamoci accarezzare nei nostri punti deboli. Solo così torneremo a rinascere.

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