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Chi è Luigi Catanoso, l’arbitro ideatore del sistema di partite truccate

di Claudio Cordova – Un’operazione investigativa condotta dalla Procura di Reggio Calabria che ha rivelato l’esistenza di un’organizzazione illegale che manipolava i risultati di partite di calcio, in particolare nelle categorie giovanili, con l’intento di guadagnare profitti attraverso scommesse truccate. Il cuore di questa rete sarebbe stato un arbitro, Luigi Catanoso, il quale è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta denominata “Penalty”. E non è la prima volta che Catanoso finisce al centro di vicende più che torbide legate al mondo del calcio.

Secondo il procuratore Giuseppe Borrelli, le indagini non hanno evidenziato un coinvolgimento diretto di calciatori, ma hanno messo in luce l’esistenza di un’associazione gestita dall’arbitro. Catanoso, 37 anni, avrebbe alterato i risultati delle partite, in particolare quelle dei campionati giovanili come la Primavera e la Primavera Under-19, con l’intenzione di estendere successivamente la sua influenza anche sulle competizioni professionistiche.

Le investigazioni, che si sono avvalse di tecniche avanzate come il monitoraggio del traffico telefonico e delle comunicazioni elettroniche, avrebbero svelato il coinvolgimento di alcuni imprenditori toscani, che gestivano il flusso di denaro per le scommesse illecite. Questi soggetti, legati al sistema truffaldino, avrebbero creato conti-gioco fittizi intestati a terzi per effettuare le puntate e raccogliere i profitti. Nonostante il coinvolgimento di diversi attori, gli investigatori hanno sottolineato che non sono emersi legami con organizzazioni criminali strutturate, né tanto meno con reti internazionali.

Il punto di partenza dell’inchiesta risale al 2024, quando l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli segnalò un anomalo flusso di scommesse riguardante una partita del campionato Primavera 2 tra Benevento e Cesena. L’incontro, arbitrato proprio da Catanoso, aveva registrato un volume di giocate che si aggirava intorno ai 41.000 euro. Sorprendentemente, la maggior parte delle scommesse erano concentrate sulla vittoria del Benevento, con un tasso di puntate anomalo: ben 219 su 288. Le scommesse sospette provenivano principalmente da comuni calabresi, tra cui Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi Marina e Reggio Calabria.

Secondo gli investigatori, l’alterazione dei risultati avveniva attraverso la corruzione degli arbitri, che influenzavano le partite in favore di determinati esiti per facilitare il guadagno delle scommesse. Al momento, oltre a Catanoso, altre cinque persone sono state arrestate con l’accusa di frode sportiva, mentre ulteriori indagini sono in corso per approfondire l’estensione dell’organizzazione e identificare altri eventuali complici. In particolare, Giancarlo Fiumanò, 42 anni, di Reggio Calabria, è stato posto agli arresti domiciliari insieme a Lorenzo Santoro, 32 anni, di Melito Porto Salvo. A questi si aggiungono Giampiero e Tommaso Reale, rispettivamente di 60 e 30 anni, padre e figlio titolari di un’agenzia di scommesse a Sesto Fiorentino, ritenuti i finanziatori principali dell’intero sistema. La loro agenzia, secondo gli investigatori, fungeva da punto nevralgico per l’organizzazione, che contava su un ampio giro di scommesse illecite in tutta Italia.

Gli incontri di calcio esaminati dagli inquirenti, oltre Benevento-Cesena ‘primavera’, riguardano Hellas Verona-Cagliari, under 19; Sassuolo – Verona, under 19 ed Empoli-Lazio ‘primavera’.

Peraltro, Catanoso non è nuovo alle cronache. Sportive e non solo. “Già noto agli atti di quest’ufficio”, direbbero gli inquirenti. Già due anni fa, alla fine del 2024, Catanoso era finito al centro di un altro scandalo scommesse, che gli era costato la squalifica proprio per un biennio. Il fischietto reggino era stato sanzionato dal tribunale federale con una sospensione di due anni. La sentenza che lo riguardava si inseriva in un contesto più ampio di inchieste sul fenomeno delle scommesse truccate, che, a poco più di un anno dal caso che coinvolse alcuni calciatori di Serie A e della Nazionale, Sandro Tonali e Nicolò Fagioli, aveva ulteriormente minato la trasparenza e l’integrità del calcio professionistico.

Catanoso era stato accusato di aver cercato di corrompere un collega per ottenere informazioni riservate su ammonizioni, rigori e sul risultato di alcune partite. In particolare, l’arbitro avrebbe offerto circa tremila euro a un altro direttore di gara, l’arbitro Milone, in cambio di dettagli utili per piazzare scommesse a “esito sicuro”. L’incontro tra i due, avvenuto il 17 agosto a Firenze, avrebbe avuto come obiettivo quello di ottenere vantaggi sulle scommesse, ma la proposta di Catanoso è stata prontamente respinta e segnalata dal collega, che ha allertato sia il suo designatore che l’ufficio del procuratore federale, Giuseppe Chiné.

Ma già nel 2020, Catanoso era stato oggetto di attenzione da parte delle autorità, dopo che erano emersi sospetti su alcune partite che lo vedevano protagonista. In particolare, un match sospeso a causa di un infortunio ritenuto sospetto e un eccessivo volume di scommesse sui suoi incontri avevano sollevato dubbi. Tuttavia, l’indagine avviata dalla Procura di Roma non aveva portato a riscontri concreti, portando all’archiviazione del caso.

Successivamente, però, l’inchiesta aveva preso una piega diversa. L’incontro fisico tra Catanoso e Milone era stato il punto di partenza per l’apertura di un’inchiesta che aveva visto la testimonianza di Milone risultare cruciale. Questi, non solo aveva denunciato il tentativo di corruzione, ma aveva anche evitato la possibile compromissione della gara Empoli-Lazio, in cui avrebbe dovuto essere coinvolto. Come conseguenza, Catanoso era stato accusato di violazione del divieto di scommesse, nonché di violazione dei principi di lealtà e correttezza previsti dal regolamento dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri) e dal codice etico del calcio.

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