Successo per la tragedia di Eschilo rappresentata al teatro del Parco della Biodiversità di Catanzaro
Alla fine, quando ormai il sole era scomparso del tutto all’occidente, per la compagnia del Teatro di Calabria sono stati applausi a scena aperta. D’altra parte, una scena più aperta di questa era difficile trovarla, nel Teatro Zaro Galli del Parco della Biodiversità di Catanzaro dove, nella sera di sabato 18 ottobre, e stata rappresentata “I Persiani” di Eschilo, il punto filologicamente accertato da cui nasce il teatro occidentale, un po’ come per l’Iliade e l’Odissea era nata, per l’Occidente, l’impronta poetica. Ieri, si parva licet, è rinato anche il Teatro intitolato ad Aroldo Tieri, dopo una parentesi di laborioso silenzio interrotto dal nuovo sodalizio tra il regista e fondatore Aldo Conforto e il direttore artistico Francesco Mazza. Se ripartenza doveva essere, meglio prenderla coraggiosamente dal punto più remoto, nella volontà di dimostrare che la luce della classicità, per quanto lontana possa mostrarsi, riesce a illuminare anche i giorni della contemporaneità percorsi ancora dal dilemma antico tra pace e guerra, tra Polemos ed Eirene.
Il testo di Eschilo del 472 a.C., riproposto nell’adattamento di Aldo Fiale e trasposto in una scenografia austera ed evocativa, ripropone l’antico rapporto tra vincitori e vinti visto dalla parte dei vinti, i Persiani appunto, con gli occhi dei vincitori, gli Ateniesi, appena otto anni dopo la battaglia di Salamina. È uno straniamento oggettivo della cruda realtà, il grande accorgimento narrativo che rende possibile non solo la sequela cronachistica dei fatti, raccontati prima dall’esangue messaggero (Alessandro Giordano) e poi dall’esausto perdente Re Serse (Marco Trebian), ma anche l’espandersi nel tempo dei moniti che se ne possono trarre: la caducità della gloria, la temerarietà della tracotanza, l’inutile esibizione di forza. La sconfitta dei Persiani, forti di mille possenti navi, è la vittoria di trecento agili imbarcazioni greche. I diversi momenti, dall’attesa fiduciosa del popolo alla rovinosa certezza dell’irrimediabile sconfitta, sono resi magnificamente dal dialogo del coro degli Anziani (dieci i coreuti) con la regina madre Atossa, interpretata in modo sicuro da Anna Maria Corea. Suggestiva e potente l’apparizione del defunto re Dario (Benito Pugliese), condottiero di eserciti, che esorta “a non aggiungere male ad altro male”. La regia di Aldo Conforto – curatore anche dei costumi – ha voluto dare forza alla recitazione, volutamente declamata per imprimere sostanza a parole scolpite nella pietra, concedendosi due varianti allo schema classicamente accertato: il ballo derviscio esibito da Bunty Andrea Giudice e la recita delle madri di guerra da parte di Anna D’Alfonso impegnata con efficacia sui versi di Ada Negri e Federico Garcia Lorca. Non tanto a sottolineare, ma a circonfondere della giusta atmosfera lirica il commento sonoro originale di Amedeo Lo Bello e Miriana Screnci con il flauto traverso di Francesca Procopio del Conservatorio “Tchaikovsky”.
Prima della rappresentazione, il direttore artistico si è intrattenuto brevemente con Amedeo Mormile, presidente della Provincia, e con Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro, due degli enti che hanno contribuito al progetto destinato ad ampliarsi nei temi e nelle occasioni, anche grazie alla collaborazione con l’Associazione teatrale Gala di Lamezia Terme. Distribuito, con successo, il primo volume della nascente collana di teatro di Città del Sole, editore Franco Arcidiaco, dedicato proprio a “I Persiani” nella regia di Aldo Conforto, con le foto di scena del grande Tommaso Le Pera.