Giovedì 19 settembre alle ore 18,00 presso la Sala Garcilaso de la Vega del Castello Aragonese, nell’ambito degli Incontri di Storia promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos congiuntamente con la Biblioteca Pietro De Nava si terrà l’incontro con Giulio Tatasciore, Professore a contratto all’Università di Salerno, dove insegna Storia moderna nonché professore a contratto all’Università Roma Tre, dove insegna Storia dell’Ottocento: imperi, nazioni e rivoluzioni, che terrà una conversazione sul tema “Il brigantaggio: immaginari sociali e narrazioni“. All”incontro, che si avvale del Patrocinio, oltreché del Comune di Reggio Calabria, di quello dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, dell’ Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporane, porteranno i saluti la Dott.ssa Daniela Neri, Responsabile della Biblioteca Pietro De Nava; la Dott.ssa Angela Puleio, Direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria; il Prof. Giuseppe Caridi, Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria il Dott. Vincenzo De Angelis, Presidente del Comitato Provinciale di Reggio Calabria dell’ Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. A condurre e moderare sarà il Presidente di Anassilaos Stefano Iorfida. La conversazione dello studioso, che al tema ha dedicato un recente saggio, analizzerà quell’ immaginario del brigantaggio che si avvia nello scenario europeo dell’età romantica con una sorta di «banditti mania» che mescola efficacemente teorie estetiche, descrizioni sociali, prospettive politiche e ancora mode letterarie, strategie commerciali, retoriche pubbliche.
Questi repertori, tra loro in dialogo, testimoniano altrettanti modi di costruire il brigante, di interpretarlo e metterlo per così dire in scena o in pagina. E’ infatti la sensibilità romantica ad avere inventato il tipo del brigante italiano, riconoscibile dal suo costume pieno di arabeschi e da quell’inconfondibile cappello di forma conica, a tesa larga e ornato di nastri, da cui spuntano lunghe trecce corvine. Il brigante italiano, con il suo costume esotico e pittoresco, diventa allora una figura “totale”, nel senso che mobilita un repertorio sconfinato di fonti (dal romanzo al teatro, dall’iconografia alla trattatistica, dall’aneddotica agli studi geografici…) e come tale si insinua in ogni angolo dell’immaginario sociale europeo. Romanzieri, artisti e viaggiatori, ma anche patrioti e reazionari, hanno a che fare con questo misterioso personaggio e contribuiscono a plasmarne il profilo ambiguo. Magnetico, esotico, affascinante, il brigante incarna la virtù e il vizio, il pittoresco e il mostruoso, il sublime nella rivolta e la peggiore depravazione criminale. Per molti versi, sintetizza una certa idea di Italia nel contesto delle grandi trasformazioni avviate nel tardo Settecento e maturate nell’Ottocento, il «secolo dei ladri», elaborando una riserva di senso destinata a permeare rappresentazioni e interpretazioni successive. Novecentesche, ma anche ultra-contemporanee.
Questi repertori, tra loro in dialogo, testimoniano altrettanti modi di costruire il brigante, di interpretarlo e metterlo per così dire in scena o in pagina. E’ infatti la sensibilità romantica ad avere inventato il tipo del brigante italiano, riconoscibile dal suo costume pieno di arabeschi e da quell’inconfondibile cappello di forma conica, a tesa larga e ornato di nastri, da cui spuntano lunghe trecce corvine. Il brigante italiano, con il suo costume esotico e pittoresco, diventa allora una figura “totale”, nel senso che mobilita un repertorio sconfinato di fonti (dal romanzo al teatro, dall’iconografia alla trattatistica, dall’aneddotica agli studi geografici…) e come tale si insinua in ogni angolo dell’immaginario sociale europeo. Romanzieri, artisti e viaggiatori, ma anche patrioti e reazionari, hanno a che fare con questo misterioso personaggio e contribuiscono a plasmarne il profilo ambiguo. Magnetico, esotico, affascinante, il brigante incarna la virtù e il vizio, il pittoresco e il mostruoso, il sublime nella rivolta e la peggiore depravazione criminale. Per molti versi, sintetizza una certa idea di Italia nel contesto delle grandi trasformazioni avviate nel tardo Settecento e maturate nell’Ottocento, il «secolo dei ladri», elaborando una riserva di senso destinata a permeare rappresentazioni e interpretazioni successive. Novecentesche, ma anche ultra-contemporanee.