“Come sindaco di Cinquefrondi e consigliere della città metropolitana di Reggio Calabria con delega ai Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace, nutrendo piena fiducia nel lavoro della magistratura, esprimo apprensione sul caso della regista teatrale e attivista curdo-iraniana Maysoon Majidi e chiedo che venga fatta piena luce su alcuni punti ancora oscuri della vicenda”.
Dalle cronache si apprende che Maysoon Majidi, 28 anni, è stata arrestata nel dicembre scorso in Italia con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, di essere la scafista dell’;imbarcazione approdata sulla spiaggia di Gabella con 77 migranti a bordo e di averli messi in pericolo di vita. Ora è detenuta nel carcere di Castrovillari e rischia tra i 6 e i 16 anni di carcere e il pagamento di 15.000 euro per ognuna delle persone a bordo. Majidi era fuggita dall’Iran dopo che la Polizia morale l’aveva ritenuta coinvolta nell’organizzazione delle proteste contro il regime. Insieme al fratello avrebbe speso circa 17.000 euro per la traversata, contraddicendo il presunto coinvolgimento attivo nell’organizzazione del viaggio.
Anche Amnesty International ha manifestato preoccupazione sulle accuse mosse all’attivista e sulla sua detenzione e durante l’udienza del 10 maggio scorso, davanti
al tribunale, si è svolto un sit-in di solidarietà del comitato “Maysoon libera” e della “Rete 26 febbraio”. Il suo avvocato difensore, rendendo noto che Maysoon Majidi durante la detenzione in carcere è dimagrita 13 chili e dopo aver scoperto che un possibile teste in grado di scagionarla si trova in un centro per migranti in Germania, aveva chiesto che le fossero concessi gli arresti domiciliari in una struttura messa a disposizione da un’associazione di Crotone, accettando anche di indossare il braccialetto elettronico e dimostrandosi pronta a collaborare con la Dda di Catanzaro per rivelare i particolari dello sbarco ed indicare i trafficanti di migranti. Il gip di Crotone ha però rigettato la richiesta in considerazione del fatto che non si può escludere il pericolo di fuga.
“Non dimentico, aggiunge Conìa, un’altra donna che sta vivendo una situazione simile, Qaderi Maryam, fuggita con il figlio dall’Iran e accusata, al suo arrivo in Italia, di essere una scafista. È attualmente detenuta presso la Casa circondariale di Reggio Calabria e, da quanto si apprende, la separazione dal suo bambino sta generando in lei una grande sofferenza. Anche il Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà personale della Calabria, in un suo intervento, ha espresso profonda preoccupazione per l’accusa avanzata nei confronti delle due donne, fortemente provate dalla detenzione e dal timore che non emerga la loro estraneità alle accuse.
“Non possiamo rimanere insensibili e indifferenti. Il nostro Comune di Cinquefrondi già in passato si era mobilitato contro la guerra in Siria”, spiega Conìa, organizzando nel 2019 un Consiglio comunale aperto per chiedere, con un ordine del giorno, la fine di ogni
attacco contro il popolo curdo e approvando il conferimento della cittadinanza onoraria ad Abdullah Öcalan, leader della lotta curda: un gesto simbolico ma carico di significato per esprimere solidarietà e vicinanza ai tanti profughi. Ricorda il sindaco Michele Conìa: “Deliberammo anche un patto di amicizia con Kobane, fummo promotori di varie iniziative anche con la presenza di artisti come Zerocalcare e partecipando alla carovana solidale e resistente e ad altre manifestazioni nazionali per i diritti del popolo curdo”. Il sindaco con orgoglio rivendica: “Cinquefrondi è stato ribattezzato come “il Comune dei diritti” perché basato sull’integrazione e costruito sul rispetto della dignità umana e sulla giustizia sociale. Uno dei primi atti della Giunta, dopo l’elezione al primo mandato, è stato quello di inaugurare un fitto programma di integrazione e accoglienza con l’attivazione di percorsi di formazione e socio-lavorativa del sistema Sprar ( Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo), per sottrarre i richiedenti asilo al mercato nero del caporalato grazie alla cooperativa Sankara, prima, e ReCoSol, poi, la Rete dei comuni solidali. Ma non solo.
Il sindaco conclude: “Il nostro borgo è stato riconosciuto dalla stampa nazionale come “modello Cinquefrondi” per le politiche di inclusione e per aver fatto dell’accoglienza e della cultura dell’antimafia il nostro tratto distintivo e la nostra forma di resistenza. Da sempre, siamo una comunità solidale, impegnata sul tema della pace, della legalità, della non violenza, della tutela delle persone di qualunque colore o movimento religioso appartengano. Restiamo umani”.