A cinquantacinque anni di distanza dalla messa in onda sul Canale 2 Rai, fa ritorno all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Catanzaro Silvio Paternostro il film d’esordio del regista calabrese Gianni Amelio, “La fine del gioco”, prodotto nel 1970. La pellicola, girata in buona parte all’interno dello stesso istituto e concessa da Rai Teche, sarà proiettata venerdì 21 febbraio 2025 alle ore 9:30 alla presenza dei giovani detenuti e di alcune delegazioni di studenti. L’evento è organizzato dalla Fondazione Trame ETS con la collaborazione dell’Istituto Penitenziario Minorile.
La proiezione sarà seguita da un dibattito che vedrà protagonisti Domenico Rafele, sceneggiatore del film, Annarosa Macrì, giornalista e scrittrice, Maria Pia Turiello, criminologa forense, Vinicio Leonetti, giornalista, e diversi rappresentanti di enti e associazioni del settore. I saluti istituzionali saranno affidati a Francesco Pellegrino, Direttore dell’Istituto Penale Minorile, Nuccio Iovene, Presidente della Fondazione Trame e Teresa Chiodo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro.
La Fondazione Trame, già intervenuta all’interno dell’IPM con il progetto “Ti Leggo. Le frontiere della lettura negli istituti penitenziari minorili” della Fondazione Treccani Cultura, con questa iniziativa conta di dare continuità al lavoro avviato, mettendo in luce questa volta differenze e analogie del trattamento dei minori detenuti dopo oltre mezzo secolo.
Nel corso dell’incontro si rifletterà sul valore delle scelte individuali, sull’importanza di non arrendersi di fronte alle ingiustizie sociali e giudiziarie, sul coraggio di ribellarsi a sistemi oppressivi e ingiusti e sulla determinazione nel perseguire la giustizia a partire dal film proposto, che affronta il conflitto interiore e la lotta morale di fronte alle scelte sbagliate, tracciando un percorso di crescita e riscatto.
Amelio – vincitore di tre David di Donatello, otto Nastri d’argento e un Leone d’Oro – è riconosciuto infatti per il suo cinema impegnato e per la sua capacità di raccontare storie di emarginazione e ingiustizia sociale. Nel corso della sua carriera, ha spesso esplorato i temi della lotta personale contro sistemi rigidi e opprimenti, e della ricerca di identità e giustizia, come avviene in “La fine del gioco”.
L’opera proposta è un grido contro la rassegnazione, che è anche il messaggio che l’iniziativa vuole trasmettere, sottolineando come si possa trovare la forza per cambiare e ricostruire persino nelle situazioni più complesse.