«Di fronte a un fenomeno drammatico come la violenza di genere, la Calabria non può più permettersi ritardi, né soluzioni provvisorie. Avevamo la possibilità di voltare pagina con una legge strutturata, invece oggi ci troviamo a discutere una proposta debole, che non supera le criticità della normativa del 2007». È quanto ha affermato Amalia Bruni, consigliera regionale del Partito Democratico, intervenendo in Consiglio regionale sul testo di legge in discussione in materia di contrasto alla violenza sulle donne.
Bruni ha voluto iniziare il suo intervento ricordando l’azione di protesta nonviolenta messa in campo a Roma il 16 giugno dal movimento femminista “Bruciamo Tutto”, che ha denunciato la carenza cronica di Centri Antiviolenza in Italia e l’impossibilità, per molte donne, di accedere concretamente a strumenti come il Reddito di Libertà. «È in questo contesto nazionale drammatico che si inserisce il nostro dibattito in Calabria», ha detto Bruni. «Una regione in cui vige ancora una legge vecchia di 18 anni, con servizi sottodimensionati e una distribuzione fortemente disomogenea, come dimostrano le criticità in territori come Vibo Valentia e Crotone».
La consigliera ha richiamato i dati ISTAT che parlano di oltre 61 mila richieste di aiuto ricevute dai CAV in un anno, e di finanziamenti pari in media a 464 euro per ogni donna seguita. «Un dato che evidenzia l’insufficienza delle risorse a fronte della portata del problema», ha aggiunto.
Bruni ha quindi ripercorso i contenuti della proposta di legge presentata dal gruppo Pd, frutto di un ampio lavoro di ascolto con operatori, associazioni, centri antiviolenza e case rifugio. «Volevamo passare dalla precarietà alla programmazione, con risorse certe e un fondo unico regionale di 3,2 milioni di euro, già disponibile ma mai organizzato in modo sistemico. Volevamo norme chiare per il riconoscimento delle case rifugio, per l’omogeneizzazione dei servizi, per dare continuità alle attività di prevenzione e accoglienza. Nella proposta approvata a maggioranza, invece, tutto questo manca».
Nel corso del suo intervento, Bruni ha ribadito come la proposta della giunta, adottata come testo base dalla Terza Commissione, mantenga intatte le debolezze della legge 20/2007: nessuna programmazione triennale, fondi frammentati, servizi ancora legati a progetti annuali e una regia poco chiara. «Così si condannano le strutture all’incertezza – ha detto – e si lascia senza tutela chi ha più bisogno».
«Una legge sul contrasto alla violenza di genere – ha concluso – deve essere un atto di responsabilità, non un’operazione di facciata. Serviva uno scatto in avanti, un impegno concreto per costruire un sistema solido e stabile di prevenzione e protezione. Invece oggi ci troviamo davanti a una legge che non risolve i problemi del passato e non guarda davvero al futuro. La Calabria, ancora una volta, perde un’occasione».