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La riorganizzazione della ‘ndrangheta di Cirò: tra “veterani” e “nuove leve”

Le indagini dei carabinieri che hanno portato questa mattina a 31 arresti contro presunti affiliati alla cosca Farao Marincola di Ciro’ costituiscono la prosecuzione dell’attivita’ sfociata nella maxi operazione antimafia denominata “Stige” del gennaio 2018 e hanno permesso di accertare che il Locale di Ciro’, dopo il duro colpo subito in quella occasione, era riuscito a ricompattarsi mantenendo tutta la sua operativita’. Anzitutto inserendo nel suo organigramma sia i ‘veterani’ della cosca che le nuove leve del panorama associativo locale i quali hanno potuto avvalersi, a loro volta, dei familiari di altri affiliati gia’ detenuti, poiche’ coinvolti in precedenti operazioni di polizia.

I presunti affiliati al Locale di ‘Ndrangheta di Cirò si interessavano, su richiesta delle vittime di furti o di altri reati, a farli rientrare in possesso dei loro beni o ad avere “giustizia”, mentre le stesse vittime omettevano quasi sempre di presentare denuncia agli organi istituzionali preposti tranne nei casi in cui vi erano costretti per incassare i premi assicurativi. E’ quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone con il coordinamento della Dda di Catanzaro, che stamani hanno portato a 31 arresti – 26 in carcere e 5 ai domiciliari – per i reati di associazione mafiosa, estorsione e in materia di armi e di sostanze esplodenti, questi ultimi aggravati dal cosiddetto metodo mafioso.

L’inchiesta, frutto di 2 autonome attività avviate dal Nucleo investigativo del Comando provinciale di Crotone e dalla Compagnia di Cirò Marina, è la prosecuzione dell’operazione Stige del gennaio 2018. Dalle indagini è emerso anche come la cosca avesse ottenuto, con minacce esplicite ed implicite, il controllo dei porti di Cirò Marina e di Cariati e controllasse, in regime di monopolio, l’intera filiera del pescato. I pescatori erano costretti a consegnare il pescato fresco ai prezzi imposti, pescare solo le tipologie di pesce decise, tralasciando le altre, utilizzare i magazzini per lo stoccaggio del pescato e le attrezzature per la pesca messi a disposizione e consegnati esclusivamente dagli affiliati. I titolari delle pescherie, sia di Cirò che di Cirò Marina, inoltre, erano costretti ad acquistare il pesce esclusivamente da loro e con prezzi di rivendita decisi dagli stessi affiliati. Dall’indagine è emersa anche la spiccata resilienza del Locale e la capacità di ricompattarsi dopo il duro colpo subito nel 2018, mantenendo l’operatività con le modalità già riscontrate in precedenti indagini.

I carabinieri hanno inoltre ricostruito l’attuale organigramma, dove sarebbero inseriti sia i “veterani” che le “nuove leve” che hanno potuto avvalersi anche dei familiari e/o dei conviventi di altri soggetti già detenuti perché coinvolti in precedenti operazioni. E’ emersa pure la capacità di controllo del territorio attraverso la forza intimidatrice per monopolizzare interi settori commerciali con l’apertura di nuove realtà economiche gestite dagli affiliati, da loro familiari o da prestanome. Scoperta anche l’esistenza di una “bacinella”, a cui attingere per pagare gli stipendi agli affiliati, per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e pagare le spese legali, ma anche per garantire economicamente lo svolgimento delle nozze della figlia del capo della Locale di Cirò.

La cosca avrebbe anche avuto la disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo, in parte sequestrate, e di esplosivo da utilizzare per le intimidazioni. Il Locale di Cirò aveva poi rapporti con gli affiliati di una speculare cellula criminale in Germania e sovrintendeva alle attività della presunta ‘ndrina “Giglio” inserita nella Locale di Strongoli nonché delle ‘Ndrine di Cariati e Mandatoriccio, nel cosentino.

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