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Studentessa di Crotone ricorda l’ufficiale dei carabinieri Emanuele Basile

Sono passati quarantaquattro anni dall’assassinio dell’ufficiale dei carabinieri Emanuele Basile, ucciso la sera del 3 maggio del 1980 a Monreale, in provincia di Palermo, alle età di 30 anni, da alcuni sicari della mafia mentre assisteva con la propria figlia di 4 anni e la moglie ad uno spettacolo pirotecnico.
Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani intende commemorare la figura, in quanto simbolo di valori civici altamente educativi per le future generazioni. Serietà, coraggio, alto senso dello Stato e della legalità, amore per la vita sono le qualità che lo contraddistingueva e che ritroviamo nella motivazione con cui è stata concessa il 14 maggio 1982 la medaglia d’oro al valor civile.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare Emanuele Basile, attraverso l’elaborato della studentessa Benedetta Frau della classe I sez. D del Liceo Scientifico Filolao di Crotone.
“Nella giornata di oggi ricordiamo Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri e vittima di mafia. Emanuele nasce il 2 Luglio 1949 a Taranto frequenta l’Accademia militare di Modena, si diploma e prova a cambiare strada, iscrivendosi alla facoltà di medicina; tuttavia successivamente si manifesta la sua grande passione per l’Arma dei Carabinieri. Dopo aver comandato la Compagnia di Sestri Levante, viene trasferito alla caserma di Monreale; qui comincia a lavorare a stretto gomito con il capo della Squadra Mobile di Palermo, Boris Guliano, anche lui assassinato da Cosa Nostra. Dopo la morte di Giuliano, Emanuele continua le indagini sul traffico di stupefacenti in cui erano coinvolti i Corleonesi, riesce così a intercettare alcuni movimenti bancari e ad accendere i riflettori sulla famiglia di Altoforte. Le indagini portarono all’arresto in flagranza di reato per il delitto di associazione a delinquere di alcuni membri della famiglia di Altoforte, mentre le altre ipotesi legate al noto Totò Riina finirono nelle mani di Paolo Borsellino. La sera del 3 Maggio 1980 Basile partecipò a un ricevimento organizzato dal Comune al palazzo reale in occasione della festa del Santissimo Crocifisso, per poi unirsi alla processione. Intorno alle 24:30 si avviò verso la caserma con la figlia Barbara di 4 anni e la moglie Silvana; in via Pietro Novelli i tre vennero raggiunti da un killer che iniziò a sparare alle spalle di Basile, la moglie cercò di parare il colpo diretto al marito con un’agendina 3×4 con la copertina di argento massiccio ma il carabiniere rimase comunque ferito e il killer insieme a due complici riuscirono a scappare. All’ospedale di Palermo i medici tentarono di salvarlo con un delicato intervento chirurgico, invano: il Capitano morì intorno alle 2, in ospedale si recò perfino Paolo Borsellino, a cui aveva affidato l’ultimo rapporto. I funerali si tennero a Palermo tre giorni dopo. Dopo alcune descrizioni fornite dalla moglie iniziarono subito le indagini e Vincenzo Puccio, accusato insieme a Giuseppe Madonia e Armando Bonanno, venne subito arrestato. I tre vennero però assolti dopo il processo di primo grado, ma, quando la Corte d’Assise di Palermo ribaltò i verdetti, i tre, condannati all’ergastolo, risultavano latitanti. In seguito vennero assolti nuovamente dalla Cassazione e, dopo alcune indagini, anche dalla Corte d’Appello. Al settimo processo vennero accusati oltre agli esecutori anche i mandanti; Totò Riina, Michele Greco e Francesco Madonia, mentre vennero assolti Bernardo Provenzano, Nenè Geraci e Bernardo Brusca; quest’ultimo però dichiarò successivamente di aver partecipato all’omicidio. Ricorderemo sempre Emanuele Basile come un eroe capace di mettere a rischio la propria vita per proteggere quella degli altri.”
Il CNDDU ritiene fondamentale oggi richiamare alla memoria figure di una tale levatura morale, perché costituiscano un modello di riferimento non solo per i singoli cittadini, ma anche per gli esponenti più ragguardevoli della vita sociale e politica del Paese, i quali non sempre si distinguono per spirito di sacrificio e dedizione nei confronti del proprio ruolo. Soprattutto chi occupa punti nevralgici per il consorzio civile dovrebbe massimamente custodire l’amore per le istituzioni e il culto della rettitudine. Proprio come i giovani uomini, mai troppo compianti, di cui oggi ricordiamo le gesta. Abbiano sempre una degna collocazione nella scuola italiana insieme agli altri martiri della legalità.
Il CNDDU invita nuovamente gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)

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