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Tetraplegico dopo un intervento, moglie chiede giustizia

“Sei anni fa mio marito rimase tetraplegico a causa di un errore medico. Questo comportò uno stravolgimento della sua e della nostra vita, con la necessità di assisterlo h24, dai semplici movimenti posturali, all’igiene, all’alimentazione, etc. Il silenzio dell’ospedale milanese che l’operò, rendendolo invalido al 100%, ci lascia senza parole. Pretendiamo che chi ha sbagliato, paghi”. E’ quanto afferma – in una nota diffusa dall’ufficio stampa di Giesse Risarcimento Danni – la moglie di Piero Vrenna, ex operatore socio-sanitario di Crotone ricoverato il 12 settembre 2016 all’ospedale Humanitas di Rozzano per un delicato intervento chirurgico e dimesso due giorni dopo.

“Purtroppo Vrenna – è detto nella nota – non riuscì a tornare a casa perché, una volta arrivato a Crotone, venne ricoverato immediatamente all’ospedale locale per quella che si sarebbe poi rivelata un’infezione con formazione ascessuale cervicale in sede di ferita legata all’intervento. E’ in quei giorni che cominciò il calvario della famiglia Vrenna e soprattutto di Piero, costretto a fare i conti con una sofferenza fisica e interiore mai vissuta prima. Quindi, la decisione di rivolgersi a Giesse che nel luglio 2021, dopo numerosi tentativi (purtroppo falliti) di trovare un accordo in sede stragiudiziale, nominò come legale fiduciario l’avvocato Impelluso e chiese un accertamento tecnico preventivo in modo da chiarire fin da subito quanto accaduto”.

“Le conclusioni dell’accertamento tecnico preventivo a cui sono giunti i medici nominati Marta Mandelli e Pasquale Ferrante, peraltro – è detto nella nota – non lasciano spazio ad alcun dubbio: ‘l’infezione che in seguito ebbe a manifestarsi, trova genesi causale nell’intervento che fu eseguito presso l’Ospedale Humanitas in paziente peraltro sottoposto a inadeguata profilassi antibiotica’. Il risultato, per Piero, fu catastrofico: si ritrovò tetraplegico, con assoluta e definitiva impossibilità a camminare e con dipendenza totale da caregivers per lo svolgimento delle attività quotidiane. Una condizione, scrivono i ctu, ‘rimasta stabile nel tempo e non suscettibile di miglioramenti visto il lungo tempo trascorso, che trova quantificazione in termini di pregiudizio dell’integrità psico fisica del soggetto nella misura del 90%'”. “Siamo stanchi – sostiene la moglie di Vrenna – mio marito faceva l’operatore socio-sanitario e ha sempre dato cuore e anima ai suoi pazienti. Quella sanità che amava tanto non solo l’ha paralizzato dalla testa ai piedi ma, cosa ancora peggiore, l’ha abbandonato”.

La stessa Humanitas ha risposto al comunicato sostenendo, tuttavia, di non avere una piena responsabilità.

“Humanitas esprime la propria vicinanza al sig. Piero Vrenna e ai suoi familiari, ma desidera chiarire alcuni particolari. Il paziente e’ stato dimesso il 15 settembre del 2016 dalla nostra struttura dopo un’operazione chirurgica. A seguito di un’infezione è stato ricoverato dal 17 settembre 2016 al 4 novembre successivo in un’altra struttura di Crotone, che ne ha seguito il decorso”.

“La consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Giudice – si aggiunge nel comunicato – riporta che ‘il corretto inquadramento e l’adeguata terapia in tale sede’, cioè in occasione del primo ricovero nell’ospedale di Crotone, ‘avrebbe bloccato, con elevatissime probabilità, il progredire del quadro flogistico derivante dall’infezione contratta, evitando la gravissima complicanza neurologica verificatasi a causa del danno midollare.” “Humanitas – conclude la nota – rimane comunque a completa disposizione per ogni approfondimento che si rendesse necessario”.

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