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‘Ndrangheta in Emilia, in manette tre membri del gruppo mafioso Arabia: “Cosca ancora viva. Si è riorganizzata con armi, estorsioni e false fatture”

Armi ed estorsioni. Una cosca ancora viva, nonostante i colpi inferti negli anni coi vari filoni processuali di Aemilia, capace di riorganizzarsi combinando metodi tradizionali usando violenza e strumenti moderni come il meccanismo delle false fatture, per consolidare il proprio potere.

È quanto emerge dall’operazione denominata ‘Ten’ contro la ‘ndrangheta emiliana che ha portato a 19 perquisizioni tra le province di Reggio Emilia, Parma e Crotone, oltre a cinque misure cautelari in carcere per 416 bis, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, emesse dal gip del tribunale di Bologna Alberto Ziroldi, su richiesta del sostituto procuratore Beatrice Ronchi della Dda della Procura della Repubblica di Bologna. L’inchiesta – condotta dalla squadra mobile della questure di Reggio Emilia, Bologna e Crotone e dalla guardia di finanza di Reggio Emilia – ha consentito di “disvelare l’esistenza e l’operatività del gruppo mafioso Arabia, sodalizio caratterizzato dall’ampia disponibilità di armi e dedito alle estorsioni, alle truffe, nonché alla ricettazione di beni provento di furti a ditte di autotrasporto, commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa”, come illustrato in conferenza stampa.

In manette è finito Giuseppe Arabia, classe ’66’ detto “Pino u’ nigro’, ritenuto a capo del sodalizio, già condannato con sentenza passata in giudicato per associazione a delinquere di stampo mafioso. È il fratello del boss Salvatore Arabia, ucciso nel 2003 a Steccato di Cutro nel corso della guerra di mafia tra le famiglie Grande Aracri e Dragone, omicidio per il quale il boss Nicolino Grande Aracri è stato condannato all’ergastolo.

Salvatore Arabia – detto ‘Pett i’ Palumba’ era considerato infatti il luogotenente del boss Antonio Dragone. Insieme a Giuseppe, sono finiti in carcere anche i nipoti Giuseppe classe ’89 e Nicola Arabia classe ’85, figli di Salvatore.

Misure cautelari anche nei confronti dei sodali Salvatore Messina, Salvatore Spagnolo e Giuseppe Migale Ranieri, classe ’78 (omonimo del suo avvocato del foro di Reggio Emilia).

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