Circa 540 anni di reclusione per i 63 imputati e multe complessive per un ammontare di 82mila euro. Sono le richiesta avanzate dal pm della Dda, Andrea Buzzelli, al processo “Petrolmafie-Dedalo”.
Al centro dell’inchiesta c’è il business dell’illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio per milioni di euro in società petrolifere intestate a prestanome. In questo filone, le persone a processo sono accusate , a vario titolo, per associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (Foi), contraffazione ed utilizzazione di documenti di accompagnamento semplificati (Das).
Delitti aggravati dall’essere stati commessi al fine di agevolare le associazioni ‘ndranghetistiche attive sul territorio calabrese. Nello specifico, l’indagine si è occupata delle attività illecite di interesse del clan “Mancuso” di Limbadi colpendo gli assetti organizzativi e logistici del sodalizio criminale.
Le pene maggiori sono state chieste per Luigi Mancuso, ritenuto il capo del Crimine vibonese (30 anni di reclusione), i parenti Francesco e Silvana Mancuso (rispettivamente 24 e 25 anni), Francesco D’Angelo, ritenuto il vertice storico della ‘ndrina di Piscopio (28 anni), i fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, figure attorno alle quali è ruotata tutta l’indagine (rispettivamente 30 e 26 anni). Richieste di condanna pesanti anche per Francescantonio Tedesco, ex consigliere comunale di Vibo (15 anni e 9mila euro) e Salvatore Solano, ex presidente della Provincia di Vibo e attuale sindaco di Stefanaconi (comune nel quale da qualche giorno opera la commissione di accesso agli atti inviata dal prefetto) per il quale sono stati chiesti 7 anni di reclusione.
Solo per due persone è stata chiesta l’assoluzione piena mentre per una terza il proscioglimento.