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“Io, coinvolto e assolto in Gotha, chiedo a lei, Cordova, cosa l’abbia spinta a scrivere di me”. La lettera del Prof. Zoccali

Riceviamo e pubblichiamo:

Desidero rivolgermi a Lei in base all’articolo 8 della legge sulla stampa 47/1948.

Sono il Prof. Rocco A. Zoccali, già titolare della Cattedra di Psichiatria presso l’Università di Messina, attualmente in pensione, ma tuttora impegnato nell’insegnamento presso la scuola di specializzazione in Psichiatria con un contratto di alta qualificazione.

Desidero porre alla sua attenzione il modo in cui la sua attività giornalistica ha intaccato la mia reputazione durante i sette anni del processo Gotha. Tra il 2016 e il 2023 sono stato citato, quale imputato, in otto articoli del Dispaccio. Uno di questi, ancora visibile su Google, dal titolo “Lo psichiatra a processo per associazione segreta aggravata dalle modalità mafiose all’Istituto ‘Panella-Vallauri’ di Reggio Calabria per parlare di legalità”, contestava la mia presenza a un convegno organizzato dalla Dirigente Anna Nucera a causa della vicenda giudiziaria che mi aveva coinvolto. Secondo il suo giudizio sarebbe stato opportuno non partecipare al convegno in quanto  sotto processo e quindi “quasi” colpevole.

Mi chiedo, quale studioso dell’animo umano, se, durante tutti questi anni, lei sia stato profondamente convinto di riportare le accuse della procura ritenendo il sottoscritto un criminale o di contro, anche reputandomi probabilmente innocente, non si sia posto per nulla il problema.                      Mi chiedo quale motivazione abbia spinto lei e molti altri suoi colleghi a schierarsi con l’accusa, senza considerare, per quanto mi riguarda, che non avevo alcun movente per comportarmi da criminale; avrei dovuto essere affetto da disabilità intellettiva o disturbo mentale, considerato il ruolo che ricoprivo all’epoca: Vice Presidente della Società Italiana di Psichiatria, con l’aspirazione a diventare Presidente, e Vice Direttore del Dipartimento di Neuroscienze presso l’Università di Messina. C’è però ancora di più.

Quale giornalista, lei ha omesso di evidenziare una verità sconcertante: riguardo all’accusa di associazione segreta aggravata dall’art.7 ( per aver agevolato le associazioni mafiose), i 14 imputati del filone Fata Morgana, (purtroppo  il dr. Saverio Genoese Zerbi e il Giudice Giuseppe Tuccio sono deceduti durante l’iter processuale), processati alcuni con il rito abbreviato, altri con quello ordinario, sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste.  Il filone Fata Morgana è stato un flop  completamente ignorato dalla stampa.                                                                                                  Mi domando quale motivazione l’abbia spinta a non riportare un dato così eclatante.

Mi interrogo ancora: alla luce della sentenza definitiva, quali sentimenti animano il Suo  pensiero? Crede ancora che io abbia fatto parte di quest’immaginario oggetto del processo, o almeno prova, se non un senso di colpa,  un disagio per aver accreditato una accusa  che ancora non era stata provata? La mia carriera è stata interrotta nel lontano 2016. L’unica consolazione (ovviamente ironica) è che ho favorito la carriera professionale di altri. Chiudo infine, nel richiamare  il suo libro “Gotha”. Sarebbe opportuno dare alle stampe una nuova edizione, preso atto che ha riportato il mio nome più volte quale appartenente a questa “associazione segreta”. Oggi posso comunque dirle con sicurezza, viste le indagini e il processo al quale sono stato sottoposto, di essere una persona onesta “DOC”, intendo di origine controllata, mi chiedo quanti moralisti, che si continuano a professare difensori dell’onestà accusando sui giornali le vittime di turno della giustizia,  siano in effetti              “Di Origine Controllata” o, di contro, di   “Origine Protetta” (DOP). Infine le chiedo per le norme sull’oblio, vista la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, di cancellare il mio nome dai suoi articoli che hanno screditato la mia persona.

 

Distinti saluti, Prof. Rocco A. Zoccali

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Egregio Prof. Zoccali,

preliminarmente non posso che congratularmi con lei per la felice conclusione del procedimento penale a suo carico. Ne ho subiti e ne subisco quasi quotidianamente, quindi capisco quale possa essere lo stato d’animo che l’ha pervasa in questi anni. Anche se, devo dire, per carattere, per studi umanistici (specifico alla luce del lungo e non richiesto curriculum da lei snocciolato) di riuscire ad affrontare tutto con un po’ meno vittimismo rispetto a quanto dimostrato in questa sua missiva, che avrei pubblicato, anche senza che lei si fosse appellato a leggi abilmente rintracciate su Google.

Sono certo, perché il suo curriculum parla per lei, che nella sua lunga carriera abbia investigato l’animo umano con più acume, più competenza, più profondità, ovvero meno superficialità, meno ordinarietà e meno sciatteria rispetto a come azzarda quale possa essere stato il motivo che ha “armato” la mia mano nel denigrarla, chissà per quale fine, come insinua nella sua lettera.

Come detto, non le avrei augurato la condanna, così come ribadisco che la capacità di un imputato di dimostrare la sua non colpevolezza (che, come ben sa, è un concetto assai diverso dall’innocenza) sia da salutare come una vittoria di civiltà e diritto. Sempre quegli studi umanistici di cui sopra (e le risparmio il mio curriculum, perché altrimenti potrebbe impiegare gran parte della sua domenica nella lettura), mi permettono di sapere che in aula si accerta una verità giudiziaria che a volte coincide con quella fattuale, altre volte no. Chi si occupa di giornalismo investigativo, sa bene come trovare il giusto equilibrio tra questi due tipi di verità.

Per cui, dato che me lo chiede, no, non avevo alcun sentimento sotterraneo, né secondo fine per scrivere di lei (come dei suoi co-indagati e co-imputati). E, sempre vista la domanda (un po’ banale, a dire il vero) sul motivo che mi abbia spinto a scrivere di lei (e dei suoi compagni di sventura, perché essere sottoposti a un processo penale è sempre una sventura) le dico che ho semplicemente fatto il mio lavoro. Forse indagare troppo l’animo umano può far perdere, a volte, la realtà delle cose.

Prendo atto la sua (auto)definizione di origine controllata. Devo, però, ancora una volta “bocciarla” per le ipotesi sulla mia persona. La mia storia parla per me: a differenza sua, sono fiero di non essere di origine controllata. Non ho bisogno di nessuna certificazione o (auto)certificazione di qualità. Né ritengo di aver bisogno di protezioni. Ma anche su questo, evidentemente, i nostri percorsi di vita ci portano a essere in disaccordo.

Infine, quanto ai miei progetti editoriali, la ringrazio per la sua curiosità. Spero di darle presto la possibilità di leggere una mia nuova opera, perché leggere, come lei ben sa, arricchisce sempre il nostro animo.

Quanto alla richiesta di diritto all’oblio, può inviarmi i link che ritiene si debbano cancellare. Sarà mia cura analizzarli tempestivamente e decidere se accogliere o meno la sua richiesta.

Congratulandomi ancora per l’esito del procedimento a suo carico, le auguro buona domenica

Claudio Cordova

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