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Allarme del sindaco di Cinquefrondi: “Dati Istat: Calabria, la più povera e con l’autonomia differenziata rischio diseguaglianze in aumento”

Il recentissimo Rapporto Bes  2023 (Benessere Equo e Sostenibile), giunto all’undicesima edizione e diramato dall’Istat, nato con l’obiettivo di valutare il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale, scatta una preoccupante istantanea sul rischio povertà in Italia maggiore che in altri Stati europei. L’analisi integrata  dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali offre dati allarmanti sulle condizioni economiche italiane. Nel 2023, il 22,8% della popolazione è risultata a rischio di povertà o esclusione sociale e il valore più elevato lo conquista il Mezzogiorno dove sono 866mila famiglie  in situazione di fragilità economica. Secondo le analisi dell’Istituto, il rischio di povertà rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%) mentrediminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2% del 2022). Peggiora per coloro che svolgono un lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022). Il sindaco di Cinquefrondi  e consigliere della città metropolitana di Reggio Calabria con delega ai  Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace, Michele Conìainterviene con un’ampia disamina sul tema anche alla luce dei rischi collegati all’Autonomia differenziata: “Se questo inaccettabile progetto dovesse essere approvato la situazione non potrà che peggiorare. I già esistenti divari territoriali si acuirebbero con un ulterioreindebolimento dei servizi fondamentali: dalla Sanità all’Istruzione, ai Trasporti. Seriamente preoccupato il sindaco  continua a mettere in fila i dati:”Ladeprivazione sociale e materiale cresce in Calabria più che in altre regioni. Se nella nostra regione, nel 2022, le persone povere si assestavano all’11, 8%, nel 2023 il numero è balzato al  20,7% . Mentre nel 2022  il 42%  dei residenti era a forte rischio povertà o esclusione sociale, nel 2023 questo dato si  è ulteriormente aggravato toccando punte del 48%. Un primo aspetto da non tralasciare, continua Conìa, è quello relativo alle condizioni delle famiglie: l’inflazione erode sempre più i redditi con  una progressiva  perdita di potere d’acquisto, spingendo verso la soglia della povertà un numero enorme di cittadini e cittadine  che non riescono più ad affrontare le spese quotidiane, a pagare l’affitto, rinunciando persino a curarsi. A tal riguardo, il rapporto Bes, relativamente all’ambito sanitario,documenta che nel 2023 il 4,2% degli italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici: l’1,3% in più rispetto al 2022. Quello che maggiormente colpisce è che neanche chi lavora può considerarsi al riparo dal rischio di povertà assoluta. Il cosiddetto “working poor” è un altro fenomeno dilagante e allarmante. La fragilità economica è stata causata anche dall’aumento generalizzato dei prezzi arrivando all’assurdo paradosso, spiega il primo cittadino, per cui le famiglie, nel 2023, pur riducendo i consumi, si sono ritrovate a spendere un +  9%  rispetto all’anno precedente. Inoltre l’incidenza di povertà assoluta si conferma più marcata per le famiglie con almeno un figlio minore (12%).   La fragilità economica continua a colpire duramente anche le famiglie straniere e i minori. Drammatico, infatti, anche il dato su questi ultimi con un’incidenza pari al 14%. Conìa conclude  assicurando: “Noi non abbassiamo la guardia e continueremo a rigettare il disegno di autonomia differenziata le cui decisioni negheranno il principio di eguaglianza formale e sostanziale, in contrasto con la pari dignità dei cittadini prevista dall’articolo 3 della Costituzione, che incideranno profondamente sulla vita delle persone frammentando l’assetto istituzionale del Paese, che aumenteranno le distanze tra il Nord e il Sud, approfondiranno le disuguaglianze sociali, la disparità dei diritti. Continueremo a scendere in piazza a incrociare lo sguardo e le mani  di lavoratori e lavoratrici, pensionati, giovani e non smetteremo di lavorare  nelle istituzioni per incontrare bisogni e necessità dei più fragili, dei più deboli, degli ultimi”.

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