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Tutto pronto per la première di “f-Aìda” al Teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria

Un uomo solo sulla scena. È Salvatore Arena che in questa nuova opera della compagnia Mana Chuma assume i volti e le sembianze di vari personaggi. Un figlio, un padre, una madre. Siamo nella Calabria degli anni Ottanta, ma potremmo essere nell’antica Grecia o negli Stati Uniti del tardo Ottocento. 

Dopo aver raccontato pagine oscure e drammatiche della storia d’Italia come la Rivolta di Reggio Calabria e la strage del treno a Gioia Tauro nel 1970, in «70VolteSud», e il caso di malagiustizia che ha visto come vittima innocente Giuseppe Gulotta, in «Come un granello di sabbia», la compagnia reggina porta ora sul palcoscenico il tema della faida. Una realtà complessa che in «f-Aìda» si intreccia con altri aspetti non meno delicati in un gioco di scatole cinesi. Come in ogni vendetta trasversale tra due gruppi rivali o due nuclei familiari, l’odio si scatena per un motivo banale: un’offesa che assume significati abnormi e genera sangue, sangue e dolore da una parte e dall’altra in un susseguirsi di uccisioni, di stragi, di lutti. Finirà, come in una tragedia greca, senza vincitori né vinti. Tutti, infatti, perdono qualcuno o qualcosa. Ma quella che potrebbe essere, per quanto drammatica e attuale, una semplice storia di odio e di ferocia nasconde al suo interno un risvolto inedito: l’amore tra Rocco e Alfredo, due ragazzi che hanno la sfortuna di nascere non solo in un contesto di arretratezza culturale, ma anche in seno a due famiglie che si detestano. Un amore omosessuale che viene vissuto come un’onta dal padre di Rocco che per trent’anni lo rinchiude in una cantina buia e umida. Non per proteggerlo dalla faida, come ci si potrebbe aspettare da un padre amorevole che teme di perdere il proprio figlio, ma per vergogna. Per nascondere agli occhi del mondo quel figlio degenere che mette a repentaglio il buon nome della casata. Ma è proprio lì, in quello spazio angusto, in quella prigione familiare, che Rocco svela innanzitutto a sé stesso i propri sentimenti e la propria sessualità. Lo fa attraverso l’amore per la musica e per un’opera in particolare, l’«Aida» di Giuseppe Verdi. In cantina Rocco trova un vecchio giradischi e dei vinili di musica lirica che suona in continuazione per evitare di impazzire, per aver compagnia, per far librare l’immaginazione, per pensare a un futuro diverso rispetto a quelle mura in cui è rinchiuso da chi gli ha donato la vita. 

Grazie alla musica inizia un percorso di trasformazione e viene alimentato l’amore attraverso il ricordo di un unico bacio consumato sulla riva del fiume con Alfredo. Una vita racchiusa dentro quel bacio nel quale rivive l’emozione di un momento, dell’unico momento di felicità di Rocco. 

Con delicatezza e senza scadere in facili caricature, il regista Massimo Barilla e l’attore Salvo Arena, entrambi autori del testo, mettono in scena una storia nella storia che colpisce, coinvolge e commuove. La première di «f-Aìda» si terrà il prossimo 25 aprile al Teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria. 

L’incasso sarà interamente devoluto a Medici Senza Frontiere per l’emergenza Ucraina. Seguiranno repliche in diverse città italiane.

 

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