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Fenice vs Felice: mercoledì la sfida tra le realtà calcistiche distrutte da Saladini e dalla politica

di Paolo Ficara – Reggio contro Lamezia, sul campo e per un giorno. Negli ultimi tempi, le realtà calcistiche di due delle tre città calabresi dotate di aeroporto sono accomunate da una disgrazia. Quella di essersi imbattute in un proprietario tanto elegante quanto inadeguato. Un lametino capace, nel 2021, di non iscrivere la Vigor Lamezia in Eccellenza. Per rilevare, una categoria sopra, la squadra rivale del Sambiase. Cambiando la denominazione e scrivendoci Lamezia Terme di sopra, come se nulla fosse.

Mentre la squadra storica della città di Saladini, ossia la Vigor Lamezia, ripartiva dal basso, la politica non è stata capace di impedirgli di colorare lo stadio “Guido D’Ippolito” di giallo ed azzurro, nelle pareti interne. Imponendo il proprio nuovo giocattolo, tra gli improperi dei suoi concittadini sfociati in striscioni e scritte sui muri.

Si tratta dello stesso Saladini che un anno dopo, ossia nel 2022, è stato portato a Reggio da qualche eroe tanto finto quanto smemorato. E che è stato accolto col tappeto rosso dai politici nostrani, incuranti sia di tale fresco precedente, sia del fatto che abbia rilevato la Reggina con la Enjoy srl. Società che affitta pedalò. Ad oggi non è chiaro se Felice Saladini sia ancora proprietario delle quote del Lamezia Terme – ma sembrerebbe di sì, pur essendosi dimesso dal cda – così come delle quote della Reggina ferma in tribunale, dopo la mancata iscrizione in B.

Mercoledì 25 ottobre, proprio nelle ore in cui è attesa la sentenza della Cassazione sul caso Miramare e di conseguenza sul sindaco eletto Giuseppe Falcomatà, si disputerà la sfida tra La Fenice Amaranto ed il Football Club Lamezia Terme. Cioè gli esempi tangibili di come Saladini abbia rovinato il calcio nelle rispettive città. Ma non da solo.

Cinque gli errori commessi dai politici nostrani. Il primo lo abbiamo già evidenziato, sull’accoglienza al personaggio: facile adesso autoproclamarsi guardiani, a scoppio ritardato. Il secondo, lo sottolineiamo ancora una volta, è la mancata condanna ufficiale alla gestione che ha portato a non iscriversi in B: né da Palazzo San Giorgio né da Palazzo Foti, è mai partito un rigo di comunicato contro Saladini e Cardona. Contro Ilari, sì. Come se il problema lo avesse creato il cinematografico romano.

Terzo errore. C’era arrivato qualche tifoso pochi minuti dopo il Tar, poi lo ha scritto il Dispaccio, ma soprattutto lo aveva detto Gabriele Gravina chiaro e tondo: se si va al Consiglio di Stato, sarà dura ripartire dalla Serie D in stile Catania o Palermo. Gravina può stare simpatico o meno, ma il presidente della Figc è lui: in che lingua doveva dirvelo?

Quarto errore. Si è arrivati al Consiglio di Stato in un clima da sagra paesana, in cui un mediatico tutti contro tutti nascondeva la realtà che vedeva invece tutti i politici nostrani sul grande carro della cecità calcistica. Tra chi sosteneva di aver fatto restituire le quote societarie a Saladini – fattispecie non vera in quel frangente – e chi spalleggiava la Reggina in giudizio con ricorsi improponibili, c’è stato anche chi è stato immortalato fianco al fianco con l’immensamente vituperato Filippo Brunori. Il commercialista bresciano di Saladini, accusato di averlo indotto a sbagliare con quel pagamento del famoso 5% all’Erario.

Poi vi offendete, quando diciamo che al funerale tenuto allo stadio post-Tar avete invitato l’assassino.

Quinto errore. La miopia di voler promulgare per forza il bando a settembre, anziché andare di persona da Gravina a chiedere cosa fare in ottica 2024, si accompagna alla tendenza ad instillare – nella testa del tifoso – l’idea che per fare calcio serva l’imprenditore incensurato, senza macchia ed attento alle spese. Magari portato da un politico altrettanto onesto. Due figure mitologiche, che dovrebbero incontrarsi a Reggio Calabria per fare non la Serie A, non la Champions League, bensì la Serie D.

Quindi se si fossero presentati Andrea Agnelli o Massimo Moratti, giammai ci saremmo ricordati dei nove scudetti vinti di fila o dell’ultima Coppa Campioni alzata al cielo da un’italiana. No. Plusvalenze fittizie l’uno, centinaia di milioni di debiti l’altro. Pussa via. Qua preferiamo fare figure come quella di ieri, domenica, contro il Sant’Agata di Militello.

Sulla stagione attuale, ribadiamo quanto scritto più volte. C’era da fermarsi, neanche il migliore degli imprenditori sarebbe stato in grado di creare una corazzata vincente a campionato iniziato. Bisognava approfittare per svelenire l’ambiente. Invece si assiste ad un’altra annata in cui, mentre i reggini litigano fra di loro, ad affaristi che ogni tre parole affermano quattro bugie viene consentito di fare passerella mediatica.

Ne approfittiamo per chiarire come le recenti notizie sulla manifestazione d’interesse per il centro sportivo Sant’Agata, tali erano e tali restano. Non c’era e non ci poteva essere, tra le righe, nessuna contestazione verso un club calcistico che non stiamo nemmeno seguendo per come andrebbe fatto. Ci interessa solo la ripartenza della Reggina, quindi diamo per scontato che chi si presenterà per rilevare la gestione dei campi in via delle Industrie, possa avere intenzioni serie in tale ottica.

Ai politici nostrani, molto diversi tra loro anche se li stiamo mettendo nello stesso calderone, manca completamente la cognizione di causa circa il mondo del calcio e le sue regole. C’è la Reggina in tribunale, deve interessare soprattutto quella. A differenza del 2015, non ci sono istanze di fallimento. Proveremo ad occuparcene meglio, dopo la sentenza della Corte d’Appello.

Intanto prendiamo atto di come, anche a questo giro, non sia stato consultato e/o chiamato in causa il miglior dirigente degli ultimi 40 anni, da Napoli in giù. C’era da recarsi con umiltà da Lillo Foti per chiedergli di fare da intermediario con la Figc, per dipanare la situazione ancor prima di arrivare ai vari gradi di giudizio. Ma a Reggio, ormai da tempo, i foderi combattono e le spade restano appese.

 

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