di Roberta Mazzuca – Doppietta di talento e abilità quella ottenuta dal Teatro dei Fliaci che, dopo aver portato in scena la conturbante commedia “I fisici” di Dürrenmatt con la compagnia “Plauto”, chiude la stagione con lo spettacolo di fine laboratorio “Confusion Party”, rappresentato ancora una volta nella suggestiva cornice dell’Officina delle Arti di Cosenza. In questo caso, però, è la compagnia “Pirandello” a divertire ed entusiasmare, con uno studio su “Camere da letto” e “Confusioni” di Alan Ayckbourn: “Vedrete dei ‘giovanotti’ con un’energia e una voglia di donare enorme, che hanno dato prova di essere grandi professionisti e di avere una grande arte” – afferma il regista Luca Di Pierno. “E voglio anche dire che è stato il gruppo che ci ha stimolato di più, – prosegue Teresa Nardi, che ha curato drammaturgia e movimento scenico – perché nonostante le difficoltà, la loro voglia di mettersi in gioco è stata tantissima”.
Un gruppo, dunque, più ‘adulto’ del precedente, ma soltanto anagraficamente. L’entusiasmo, la passione, l’allegria, la capacità di non prendersi troppo sul serio ma, contemporaneamente, di mostrare professionalità e competenza, sono qualità senza tempo che questi baldi giovani hanno saputo trasferire al proprio pubblico. Un esempio di come nella vita ciò che conta è la voglia di cimentarsi nelle proprie passioni e nei propri piaceri, e di quanto i limiti che la società spesso impone siano soltanto nella mente di chi li ascolta.
Lo dimostra proprio il laboratorio “Pirandello” su cui, con la superficialità che spesso contraddistingue il mondo in cui viviamo, nessuno avrebbe forse scommesso più di tanto. O meglio, nessuno avrebbe scommesso che un gruppo più adulto solo nel tempo e non certamente nello spirito, avrebbe potuto realizzare una performance degna di qualsiasi altra compagnia più giovane o con più esperienza. Luca e Teresa, che nella città di Cosenza e in chi la popola hanno voluto investire economicamente, ma soprattutto spiritualmente ed emozionalmente, lo hanno fatto, dando così allo spettatore l’opportunità di poter godere non soltanto di una meravigliosa rappresentazione teatrale, ma della frenesia e del desiderio di vita e passione di chi tutto questo ha messo in scena, contagiando con il loro desiderio e la loro ironia l’intera platea in sala. Si tratta di Francesca Daniele, Silvia Romano, Renato De Luca, Francesca Palermo, Francesco Garofalo, Angela Aroni, Carnela Strangis, Arnaldo Nardi, Teresa Notte, Rodolfo Perri, Tommaso Maragno, Vincenzo Ziparo, Roberta Greco, Alessandro Chiappetta, e Delia Evelina Bruno. A curare audio e luci, ancora una volta, la sottile precisione di Giacomo Greco.
Ciò che ne deriva è un insieme distaccato ma composto di scene che, tra realismo e paradosso, si intersecano fra di loro componendo un unico ed esilarante quadro teatrale: un cameriere che continua a servire pietanze mentre si consumano davanti ai suoi occhi due crisi coniugali, conflitti familiari che esplodono in umoristiche liti, tradimenti, incomunicabilità, equilibri precari. Spostandosi di stanza in stanza e di scena in scena, gli attori mostrano quanto il matrimonio, ma le relazioni in generale, siano complesse nella loro normalità, lasciando intravedere un malessere di fondo che appartiene a tutti. Come il teatro, che è di tutti, per tutti, e con tutti.
Un insieme, dunque, di emozioni, ironia, divertimento. In una parola, pathos. Lo hanno gli attori in scena, e al di fuori della scena. Al termine della rappresentazione, soddisfatti, gioiosi, vitali, si confrontano con il sorriso in volto e l’amore nel cuore, continuando a insegnare la vita a chi, ammirato, li ascolta. “Avete portato sul palco una bellissima intensità, e quando recitavate, ad esempio, la rabbia verso un compagno o un marito, era davvero credibile” – dico ad alcuni di loro. “Perché pensavamo ai mariti veri, e la rabbia ti sale facilmente” – rispondono le donne in una grassa risata. E già, perché proprio la capacità di sorridere è il segreto di vita più importante che questi attori hanno insegnato con il loro spettacolo. Sorridere della vita, sorridere di fronte a un palco, sorridere su un palco, e sorridere di se stessi. Ma, soprattutto, sorridere dentro, per affrontare le tempeste, le mareggiate, il sereno. O soltanto l’immenso turbinio di emozioni che appartiene all’arte.