Un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di vaste piantagioni di cannabis nella provincia di Reggio Calabria. Stupefacente che poi veniva venduto sul mercato illegale da un’organizzazione costituita da soggetti operanti nei Comuni di Taurianova, San Procopio e Sant’Eufemia D’Aspromonte.
È scattata stamattina all’alba l’operazione “Fata verde”, il brigadiere dei carabinieri del Nipaaf del Gruppo carabinieri Forestale di Reggio Calabria, che hanno eseguito un’ordinanza emessa dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Sono 13 in tutto le misure cautelari: 8 persone sono finite in carcere, 3 ai domiciliari e per 2 indagati è stato disposto il divieto di dimora in Calabria. Le indagini avrebbero consentito di individuare i soggetti che finanziavano e sovraintendevano i lavori di piantagione, riconducibili alle cosche di ‘ndrangheta del regginoe del catanzarese, nonché gli altri componenti dell’organizzazione. Si tratta di quei soggetti definiti “quote parte” perché a ciascuno di essi spettava una parte dei proventi derivanti dalla vendita della cannabis.
Stando all’impianto accusatorio, l’organizzazione si serviva anche di figure assunte di volta in volta, che venivano individuate per svolgere compiti di vigilanza e manovalanza, “soggetti sacrificabili”, spesso incensurati, disposti ad assumersi ogni responsabilità nell’ipotesi di un intervento delle forze di polizia. Dalle intercettazioni è emerso che i capi promotori dell’associazione a delinquere erano inseriti in un sistema strutturato e consolidato di commercio nel mercato illegale e questo consentiva loro di utilizzare canali “sicuri” ai quali era destinata la sostanza stupefacente. Gli indagati, inoltre, simulavano la sussistenza legale delle coltivazioni di canapa, con raggiri e stratagemmi finalizzati a eludere i controlli operati dai carabinieri forestali. Nel corso di uno di questi, infatti, uno dei titolari dell’attività esibisce ai carabinieri la documentazione comprovante la sussistenza di un’azienda agricola a suo nome, un regolare contratto di affitto del terreno e fatture di acquisto di semi certificati di canapa nei limiti previsti dall’attuale normativa. Le analisi eseguite dal reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri, però, confermavano la sussistenza di un principio attivo nettamente superiore alla soglia quantitativa consentita dalla legge, che certificava la natura stupefacente delle piante campionate.
Durante le indagini, uno degli indagati è stato arrestato in flagranza di reato mentre trasportava piante di canapa mentre altri quattro soggetti sono stati sorpresi nella lavorazione dello stupefacente – circa 70 chili di marijuana sequestrati – che era già in stato di essiccazione e pronto per la vendita .