“Nella settimana dell”8 aprile dell’anno in corso si celebra la 53esima ricorrenza della Giornata internazionale dei Rom, istituita in ricordo dell’8 aprile del 1971, quando a Londra si riunì il primo Congresso Internazionale delle popolazioni Rom .
Oggi nella nostra Città, nonostante la decennale discriminazione nei confronti dei cittadini rom, gli aspetti di positiva relazione e di effettiva inclusione ci sono.
I cittadini rom reggini , contrariamente alla narrazione negativa di “stranieri interni” , in realtà fanno parte integrante della storia culturale e sociale del nostro territorio .
Dal loro arrivo sul territorio calabrese nel 1400 fino agli anni Cinquanta del secolo scorso hanno contribuito con le loro attività e la loro cultura alla costruzione della nostra civiltà contadina . L’hanno fatto collaborando attivamente con il mondo dei contadini, conducendo una vita in mobilità presenti sul territorio e mai come nomadi.
Distrutto il mondo contadino con l’avvento della società urbanizzata, intorno alla metà del secolo scorso, i rom, nonostante la feroce emarginazione subita , si sono impegnati e continuano ad impegnarsi per vivere dentro la nuova società calabrese con un lavoro regolare e un alloggio, nel rispetto delle regole sociali.
Ma per fare questo ogni giorno devono affrontare oltre alle difficoltà che ogni reggino e reggina affronta anche un enorme carico di ostacoli generati dalla gravissima discriminazione subita .
Nemmeno questo pesante carico aggiuntivo ha fermato i rom reggini nel continuare ad operare per essere parte integrante della comunità reggina offrendo, come nei secoli passati, il loro concreto contributo sociale e culturale.
Lo vediamo nella vita quotidiana della stragrande maggioranza di famiglie e singole persone che ogni giorno lottano per vivere onestamente, nonostante tutto.
Riportiamo alcuni fatti concreti e significativi della loro volontà di essere dentro la società a cui appartengono . Fatti che smentiscono il racconto molto diffuso dei rom come soggetti “asociali” .
Il primo fatto è quello del modello di città non separata per redditi e culture, costituito dal mix culturale e sociale, meglio conosciuto come “equa dislocazione abitativa “, che paradossalmente è stato voluto proprio dai cittadini rom considerati il “nemico “. Il modello di città dell’equa dislocazione non è una proposta solo per i rom, ma è un modello per tutti i nuclei familiari a reddito basso che il sistema sociale urbano in cui viviamo intende mantenere nei ghetti. E’ l’unica soluzione contro la ghettizzazione abitativa ed insieme un modello di città inclusiva.
Il secondo fatto non meno importante è quello dei tanti matrimoni tra rom e non rom che oggi hanno raggiunto quasi il 30%, con un andamento in continua crescita.
Quasi 100 famiglie composte da coppie rom e non rom, sul totale di circa 350 di famiglie.
Che cosa ci dice questo dato?
Se i rom fossero veramente il “male assoluto” e degli “asociali” come si potrebbero spiegare tutti questi matrimoni tra rom e non rom ?
La risposta è molto semplice: i rom sono normalissime persone reggine con pregi e difetti come tutti e tutte noi e sono persone e famiglie di questa nostra terra.
Per comprendere questo è necessario non solo conoscere la storia sociale della nostra terra, ma anche liberarsi dal concetto di etnia, perché questo concetto non ci aiuta a capire la complessità delle culture che convivono su un territorio senza essere separate, ma arricchendosi costantemente.
Questa è la realtà che ci viene nascosta e che dovremmo imparare a vedere con occhi nuovi”.
Così in una nota l’associazione ‘Un Mondo di Mondi’.