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Il rapporto Svimez sul divario assistenziale tra nord e sud Italia ci restituisce sulla sanità uno scenario per molti versi non nuovo ma pur sempre drammatico. Anzi, il fatto che la realtà diseguale non cambi e in prospettiva possa addirittura peggiorare, complica ancora di più le cose e impone oggi più che mai una netta assunzione di responsabilità politica.
Giusto per fornire qualche dato emblematico: la Calabria spende per abitante poco più di 1.700 euro a fronte di una spesa media nazionale che supera i 2.000; il 43% dei malati oncologici calabresi (l’incidenza più elevata in Italia) va a farsi curare fuori e neppure nelle regioni confinanti ma oltre; solo l’11,8% delle donne ha effettuato in Calabria screening per la prevenzione oncologica ed è la percentuale più bassa fatta registrare in Italia. Tutti nostri corregionali che popolano quel Sud che, nel suo complesso, ha una speranza di vita inferiore di un anno e mezzo e fa registrare un 8% di nuclei familiari in povertà sanitaria contro il 4% del Nord-Est: persone che non si curano perché non hanno i soldi per farlo.
Un disastro di diseguaglianze che l’autonomia differenziata è destinata a cristallizzare e ad aggravare nel lungo periodo. Non lo dice (solo) l’opposizione al governo Meloni e alle sue ipoteche leghiste. Lo dicono lo stesso Svimez, Save The Children, Ong che firma anch’essa il rapporto, la Fondazione Gimbe. Lo hanno detto di recente i vescovi della Conferenza Episcopale Calabra, che hanno invitato politici e società civile del Mezzogiorno ad alzare la voce contro il tentativo di dividere il Paese aumentando le distanze e le diseguaglianze tra territori.
A dar retta alle parlamentari leghiste Loizzo e Minasi, tutti soggetti che non hanno capito il senso dell’autonomia differenziata e il valore delle opportunità che essa racchiuderebbe. Così come non lo avrebbe capito la presidente di Anci Calabria, Succurro, che pure del centrodestra fa parte e dunque, in teoria, dovrebbe sostenere uno dei punti che il governo centrale ritiene qualificanti della sua azione politica. Delle due l’una dunque: o tutti – analisti, operatori umanitari, uomini di chiesa, sindaci (anche) del centrodestra – hanno perso improvvisamente la capacità di discernimento, oppure sono i leghisti – Salvini, Calderoli e i loro ascari locali – a non aver mai abbandonato l’idea di separare il Nord dal Sud, abbandonando quest’ultimo al suo destino. Quel destino che il rapporto Svimez, da ultimo, sembra confermare.
Tertium non datur, direbbe Aristotele. In realtà, per molti il re è nudo, il gioco è scoperto, e le contraddizioni del centrodestra e nel centrodestra sono palesi. Non resta che attendere parole chiare per bocca di chi, da meridionale, riveste ruoli di responsabilità politica, a Catanzaro come a Roma. Dica da che parte sta, perché più il disegno di legge Calderoli cammina e più si assottiglia il tempo del gioco delle tre carte”.