Un omaggio a un grande attore, ma soprattutto un uomo, il collante di “una felice famiglia allargata”, con le sue debolezze e i suoi punti di forza. Un documentario collettivo quello scritto da Ricky Tognazzi, e raccontato insieme ai suoi fratelli e agli amici più intimi, per celebrare i cento anni dalla nascita di Ugo, intitolato “La voglia matta di vivere”, che ieri sera è stato presentato al Supercinema, nell’ambito del Magna Graecia Film Festival. Un viaggio nella storia del cinema in questa Masterclass, realizzata – come tutte le Masterclass e i talk del Festival – con il sostegno della Calabria Film Commission, guidata dal Commissario Straordinario Anton Giulio Grande, che, ieri pomeriggio, ha dato il benvenuto a Ricky Tognazzi: “Un incontro importante, questa sera: una presenza di grande rilievo, un nome che ha fatto la storia del cinema”, ha affermato Anton Giulio Grande, sottolineando la carriera di Ricky Tognazzi e l’aver raccolto, insieme ai fratelli, l’eredità artistica del padre, “lo stile, la classe, il talento, pur mantenendo una identità tutta vostra”.
Un incontro importante, dunque: una chiacchierata piacevole e interessante, quella tra Tognazzi e Antonio Capellupo, che ha svelato particolari della vita e della carriera di uno dei più grandi volti del cinema italiano: più di 150 film, dal cult “Amici miei”, a “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci – che gli è valsa la tanto agognata Palma D’Oro a cui era stato candidato per ben otto volte – senza dimenticare i grandi successi internazionali de “Il vizietto”, “Barbarella”, “Romanzo popolare”, “Il federale”, ecc.
Ricky racconta della sua poliedricità e della sua capacità camaleontica di muoversi tra generi diversi, dal varietà ai film d’autore, al fianco di talenti del calibro di Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio Gassmann, Alberto Sordi e Raimondo Vianello, Monica Vitti, che, come lui, continuano a vivere nella memoria collettiva.
“Il titolo ‘La voglia matta di vivere’ allude all’opera diretta da Luciano Salce, perché Ugo Tognazzi la vita l’amava veramente, la saccheggiava, la prendeva a morsi. Amava cucinare, per gli amici, per le donne della sua vita; era un vero ‘matriarca’: “Non potendo allattare i miei figli cucino”, diceva – racconta ancora Ricky -. Adorava prendere il sole nell’orto mentre seminava zucchine, cavolo nero, fondamentale per la ribollita. Aveva perfino piantato un banano, che non ha mai fatto una banana in vita sua – scherza – Amava il suo lavoro, che portava sempre a casa, e la cucina che significava circondarsi di amici e famiglia nella casa di Torvajanica: il mare, la solarità, la convivialità, il torneo di tennis, lo scolapasta d’oro”.
Amabile e disponibile, Ricky si svela figlio, che da piccolo si ritrovava a recitare sul set con il papà (come nel “Pollo ruspante” che è una prima dissacrante critica alla società dei costumi), e poi imbocca la via della regia, non senza oltre dieci anni di gavetta, spiccando il volo grazie anche all’incontro con figure straordinarie come quella di Ettore Scola, a cui anche il MGFF deve molto.
“Ho tentato di ricordare, raccontando con il rispetto dovuto – e a volte con ‘l’irriverenza’ che so che mi avrebbe concesso – perché coincide con il suo innato anticonformismo. Per presentare questo documentario, sono praticamente in viaggio con papà, lo porto in giro per l’Italia ed è davvero commovente scoprire quanto affetto ci sia ancora nei suoi confronti”.