Il Consigliere Regionale Antonello Talerico ha analizzato l’attuale vicenda delle concessioni balneari alla luce del recente parere n. 750 del 22 luglio 2025, adottato dal Consiglio di Stato che ha espresso una valutazione sostanzialmente negativa sullo schema di decreto ministeriale proposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, d’intesa con il Ministero dell’Economia, volto a definire i criteri per la determinazione dell’indennizzo spettante ai concessionari uscenti delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali a finalità turistico-ricreativa e sportiva.
Il provvedimento, predisposto in attuazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 118/2022 (come modificata dal d.l. n. 131/2024), si inseriva – si legge in un comunicato stampa del consigliere regionale – nel percorso di riforma necessario a superare l’attuale regime transitorio e ad allineare l’ordinamento italiano alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di concorrenza e libertà di stabilimento.
Il Governo aveva inteso individuare, mediante atto regolamentare, i criteri con cui calcolare l’indennizzo dovuto dal gestore subentrante al concessionario uscente, distinguendo due componenti:
-il valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al momento della scadenza della concessione, inclusi quelli derivanti da eventi calamitosi o da obblighi normativi sopravvenuti;
-una “equa remunerazione” sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni.
Lo scopo era garantire un ristoro proporzionato per chi avesse investito legittimamente, pur in un quadro normativo incerto e spesso contraddittorio, ma al tempo stesso assicurare l’accesso competitivo al mercato secondo i principi europei.
Sennonchè, il Consiglio di Stato, pur riconoscendo l’intento razionale dell’intervento normativo e l’esigenza di una disciplina organica della materia, ha tuttavia ritenuto che lo schema di decreto presenti numerose criticità di carattere giuridico, economico e sistemico, tali da renderlo, nella forma attuale, non attuabile, secondo le seguenti osservazioni :
-Sproporzione del meccanismo indennitario: il parere segnala che l’indennizzo, così come delineato, rischia di gravare in modo eccessivo sul gestore subentrante, soprattutto se trattasi di piccole o medie imprese, disincentivando l’accesso competitivo al mercato.
-Ambiguità su beni immateriali e amovibili: il decreto estende l’indennizzo anche a beni amovibili e ad attivi immateriali (licenze, software, know-how), che non sono oggetto di trasferimento obbligatorio e rimangono nella disponibilità del concessionario uscente. Ciò determina – secondo il Consiglio – un indebito vantaggio per l’uscente e un ostacolo per il nuovo operatore, alterando l’equilibrio tra concorrenza e tutela dell’affidamento.
-Insufficienza dell’istruttoria normativa: mancano dati certi sugli impatti economici, sulle implicazioni per le PMI e sulla compatibilità del decreto con il diritto UE, in particolare rispetto all’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, che vieta l’attribuzione di vantaggi al prestatore uscente nelle procedure selettive per l’affidamento di servizi.
-Forma e procedura carente: il decreto è giunto in ritardo rispetto al termine previsto (31 marzo 2025), con un concerto ministeriale ritenuto inadeguato nella forma e nella sostanza. La firma congiunta dei ministri, sebbene non invalidante, appare confusa nella natura giuridica dell’atto (regolamento ministeriale vs decreto interministeriale).
Infine, il Consiglio di Stato ha osservato che l’indennizzo, pur previsto dalla legge, non può essere inteso come automatico o generalizzato, ma va riconosciuto solo in presenza di investimenti effettivamente trasferibili, legittimi e non ancora ammortizzati, e sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e dell’interesse pubblico.
«Ecco perchè il parere del Consiglio di Stato – dichiara Antonello Talerico – segna un momento di chiarificazione importante. Il tentativo del Governo di disciplinare una materia complessa e sensibile come quella delle concessioni demaniali era doveroso e, in parte, coraggioso. Tuttavia, il quadro normativo delineato non ha superato il vaglio tecnico e giuridico necessario a garantirne l’effettiva applicabilità nel rispetto della legalità europea e dei principi di concorrenza.»
«Il nodo vero resta quello dell’equilibrio. È giusto che chi ha investito in buona fede abbia un riconoscimento equo, ma è stato valutato altrettanto giusto che il subentrante possa accedere alle concessioni in modo trasparente, senza essere gravato da costi eccessivi o da vincoli che scoraggino l’iniziativa economica. Il rischio, altrimenti, secondo il Consiglio di Stato è di cristallizzare le posizioni pregresse, ostacolando il ricambio generazionale, l’innovazione e la qualità dell’offerta turistica.»
«Le concessioni balneari rappresentano un pezzo importante del tessuto economico locale, ma devono essere anche una leva di sviluppo futuro. Servono gare chiare, accessibili, con regole certe per tutti. Il patrimonio demaniale è una risorsa pubblica da valorizzare nel rispetto dell’equità e dell’efficienza.»
«Ora serve un nuovo testo normativo – prosegue Talerico – che tenga conto delle osservazioni del Consiglio di Stato, delle sentenze della Corte UE e delle peculiarità dei territori. Un testo che garantisca tutela dell’affidamento. Il Governo ha ancora il tempo e la possibilità di correggere, semplificare e restituire coerenza a questa riforma. Lo faccia, e coinvolga Regioni e Comuni in modo concreto».