In edicola il “Grande dizionario comparato dei proverbi e dei modi di dire del Pollino – Area calabro – lucana”, di Biagio Giuseppe Faillace, edizioni Rubbettino.
Un’opera lessicografica di straordinario valore; un vero e proprio trattato, gravido di riferimenti linguistico-letterari e socio-antropologici al patrimonio paremiologico del Pollino.
Estremamente efficace, di facile consultazione, unico nella sua specificità, il volume comprende, oltre a uno studio rigorosissimo sulla dialettologia della zona arcaica calabro-lucana, che l’autore sviluppa in un lungo arco temporale, circa quarant’anni, la vasta eredità culturale e la filosofia di vita delle popolazioni residenti nella cintura appenninica dell’alta provincia di Cosenza e basso potentino.
Verrebbe da dire che quando per una recensione, come in questo caso, si muove nientemeno che tal prof. Tullio De Mauro, di felice memoria (non servono presentazioni!), non vi sia tant’altro da aggiungere. Ammenoché, per una serie di ragioni, non si voglia comunque esprimere un parere.
Dunque, non possiamo negare di sentirci onorati di commentare un’uscita editoriale così rilevante. Al contempo, neanche questo vogliamo dissimulare, in certa misura ci sentiamo piccoli e manchevoli. Tant’è. Ma non si può far finta di nulla quando dalla penna di uno scrittore affermato, questa volta nelle vesti di esperto filologo innamorato della sua terra, scaturisce un lavoro di cotanta qualità. Non si può far finta di non vedere, di non capire. «Riflettere sui documenti che Faillace ci offre – scriveva De Mauro il 28 settembre 2016, tre mesi prima che passasse ai lidi eterni – non è un esercizio linguistico o archeologico, e non sarebbe poco, ma aiuta a ricostruire modi di vita che a volte troppo frettolosamente abbiamo messo da parte: i modi di una vita spesso aspra, ma illuminata dalla semplicità e schiettezza, dall’autenticità e concretezza. Nel grande recupero delle tradizioni delle popolazioni italiane che si viene facendo, l’opera di Faillace segna un fermo riferimento di cui tutti dobbiamo essergli grati».
Se si vuol conoscere o semplicemente approcciare la storia di un territorio, non si può prescindere dalle pubblicazioni che lo fotografino nei suoi aspetti fondamentali. E tra queste trame, come per la nostra montagna «sacra», che «generosamente ci ospita, ci sostenta e ci governa», fiera interprete e spettatrice silente, ma non disinteressata, del divenire, Faillace colloca la sua ricerca e la restituisce ai protagonisti, ai figli di una «terra aspra» ma tanto orgogliosa.
Impreziosito da analisi inerenti alla fonetica e all’etimologia dei termini, dotato di spiegazioni e altri opportuni commenti, il sussidio, indispensabile a quanti promuovano la tutela dei codici gergali, le regole grammaticali e i demotismi che lo costituiscono, anche in vista di un’auspicabile interesse didattico (voglia il cielo che lo si introduca nelle agenzie di formazione!), presenta i ritmi e gli obiettivi propri di un lemmario dal quale, però, pur emulandone il fine ultimo, si distingue per una forte emozione che cattura il lettore nel momento in cui si inoltra alla scoperta dei proverbi, degli aforismi, degli adagi, spesso, soprattutto per le nuove generazioni, dimenticati o persino inauditi. Superfluo, a tal proposito, soffermarsi sulla valenza educativa del volume, del tutto scontata. Piace invece sottolineare come non s’abbia affatto l’impressione di avere tra le mani solo un eccellente glossario, ma un compagno di viaggio da tenere sempre aperto, pronto a soddisfare quel desiderio di apprendere e sapere che si annida nell’animo umano.
Il “Grande dizionario comparato dei proverbi e dei modi di dire del Pollino – Area calabro-lucana” merita un posto non solo nel cuore di ricercatori o specialisti, ma in tutti i centri culturali del Paese. Per le caratteristiche degli approfondimenti realizzati e l’abbondanza del materiale raccolto, Faillace conferma, ancora una volta, d’essere tra i massimi conoscitori dei dialetti del Pollino e, in generale, di quel distretto, detto “Area Lausberg”, che si estende approssimativamente tra i fiumi Agri a nord e Crati e Coscile a sud.
E allora, poiché altri, con maggior autorevolezza ci hanno preceduto nel decantare le peculiarità di quest’opera, noi non andremo oltre. Preferendo concludere con un sincero ringraziamento all’autore, per aver donato alle accademie e alle comunità parte della sua esistenza.