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Il Tribunale Crotone conferma il dissequestro della nave ong Humanity: “Ha adempiuto al dovere di soccorso in mare dei migranti”

Quella della guardia costiera libica era un’operazione di salvataggio “insussistente” e quindi “nessuna condotta ostativa è riscontrabile” nei riguardi della Humanity 1 “la quale, in tale, contesto, è risultata l’unica imbarcazione ad intervenire per adempiere, nel senso riconosciuto dalle fonti internazionali, al dovere di soccorso in mare dei migranti”.

Con questa motivazione il giudice della sezione civile del Tribunale di Crotone, Antonio Albenzio, ha emesso un’ordinanza con la quale conferma la sospensione del fermo amministrativo al quale era stata sottoposta la nave della Ong tedesca Humanity 1 dopo il soccorso di 77 migranti avvenuto il 4 marzo scorso nel canale di Sicilia.

Alla nave della ong tedesca Sos Humanity venne dato come porto di sbarco quello di Crotone dove poi è stata sottoposta a fermo dalle autorità italiane. La sezione civile del Tribunale di Crotone il 18 marzo aveva già disposto la sospensione del fermo su ricorso della ong tedesca.

Il 17 aprile il giudice ha ascoltato le parti: oltre agli avvocati della Sos Humanity si sono costituiti, tramite l’Avvocatura dello Stato di Catanzaro, il ministero delle Infrastrutture e trasporti e la Capitaneria di porto, il Viminale, la Questura di Crotone, il ministero dell’Economia e la Guardia di finanza sezione operativa navale di Crotone. L’Avvocatura ha ribadito l’accusa nei confronti della nave umanitaria di inosservanza all’ordine di allontanamento formulato dalla motovedetta libica intervenuta nelle operazioni di salvataggio dei migranti. Il giudice, nell’ordinanza cautelare in attesa dell’udienza di merito che si terrà il 26 giugno, dopo una disamina delle normative che regolano il soccorso in mare e sulla qualificazione giuridica di luogo sicuro, sostiene che “non può ritenersi che l’attività perpetrata dalla guardia costiera libica sia qualificabile come attività di soccorso per le modalità stesse con cui tale attività è stata esplicata. Costituisce infatti circostanza incontestata e documentalmente provata che il personale libico fosse armato e che, in occasione di tali attività, avesse altresì esploso colpi di arma da fuoco; parimenti, costituisce circostanza evincibile dalla corrispondenza in atti che nessun luogo sicuro risulta essere stato reso noto dalle stesse autorità libiche intervenute per coordinare sul posto le operazioni di recupero dei migranti”.

Albenzio, citando la convenzione di Amburgo, gli accordi tra i governi italiani e libici del 2017, ed il rapporto dell’alto commissariato dell’Onu del 2021, sostiene che “allo stato attuale non è possibile considerare la Libia un posto sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo, essendo il contesto libico caratterizzato da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e non essendo stata mai ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati da parte della Libia”. Per questo, “stante l’insussistenza di una operazione di salvataggio concomitante perpetrata dalla guardia costiera libica, nessun ordine di allontanamento è giustificabile nei confronti dell’unica imbarcazione che ha posto in essere condotte in adempimento del dovere assoluto di soccorso in mare”.

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