Riceviamo e pubblichiamo:
“Gentile Paolo Arrigoni,
Lei, nella sua qualità di presidente del GSE, la società partecipata
dal Tesoro
che gestisce gli incentivi alle rinnovabili, si trova in questo
momento in tournée, sta viaggiando per le province italiane
sospinto dall’intento di diffondere la cultura della sostenibilità
attraverso incontri specifici con le scuole, le pubbliche
amministrazioni locali e le imprese. Su come Lei interpreta e
organizza i suoi compiti istituzionali non intendiamo mettere
lingua, La invitiamo invece a non farsi veicolo di false
informazioni, come è successo il 22 maggio scorso nella tappa
calabrese del suo itinerario.
Lei ha fatto qualche considerazione sull’opposizione alle fonti
rinnovabili che si sarebbe manifestata nei nostri territori e l’ha
inquadrata in un fenomeno nazionale liquidato come sindrome
NIMBY (non nel mio giardino). Bene, o meglio, male:
l’opposizione alle rinnovabili in Calabria non esiste e, per quello
che risulta a noi, non esiste neanche nel resto d’Italia. Sta invece
acquistando sempre più consistenza una richiesta popolare di
legalità costituzionale e si sta consolidando la decisa volontà
civica di fermare la strage di ecosistemi e biodiversità, di
alberi, di suoli naturali e agricoli connessa all’attuale modalità
di realizzazione degli impianti per la produzione di energia
rinnovabile.
Infatti “Rinnovabili sì ma non così” è lo slogan sventolato sugli
striscioni esposti nel corso delle manifestazioni organizzate per
protestare contro la barbara distruzione dell’ambiente vitale dei
calabresi. Noi sappiamo di appartenere a un movimento civile
militante, animato da forti principi di moralità e giustizia, che si riconosce nell’etica della Costituzione repubblicana, un congegno
giuridico centrato sulla tutela della persona umana nel suo
contesto ecologico e sociale. Tutela considerata dalla Carta
fondativa della nostra vita associata incompatibile con una libertà
assoluta dell’iniziativa economica privata, legittimata infatti
soltanto nei casi in cui abbia un’utilità sociale e non procuri danni
alla salute, alla sicurezza, all’ambiente e alla dignità umana.
In questo disegno di uno Stato edificato sul bene comune, su
profondi legami sociali, su alti principi etici e non sul profitto di
gruppi d’affari, determinate imprese o categorie di imprese – che
si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a
situazioni di monopolio e abbiano carattere di preminente
interesse generale – devono essere gestite da entità politiche
esponenziali di collettività territoriali, o da comunità di lavoratori
e utenti. In sostanza i privati non possono speculare sui bisogni
della cittadinanza, ma noi invece facciamo i conti col tradimento
del dettato costituzionale perpetrato da odiose norme ordinarie,
emanate in applicazione di direttive europee, che hanno reso
“prioritario interesse nazionale” il profitto delle compagnie
energetiche garantito da copiose elargizioni di denaro pubblico.
Concepiamo perciò la nostra mobilitazione come un piccolo
contributo alle lotte che in tutto il mondo fronteggiano la
privatizzazione dei beni comuni; non ci opponiamo a una
fuoriuscita dal sistema basato sulle fonti fossili ma
esclusivamente contrastiamo una transizione energetica calata
dall’alto, al riparo da processi decisionali trasparenti e
democratici, che sta esacerbando la pressione antropica
sull’ambiente pregiudicando per sempre possibilità di
produrre cibo, di sequestrare anidride carbonica, di assorbire
acqua, di custodire biodiversità, etc. Operiamo nelle nostre
società per il recupero e il controllo delle risorse dei nostri territori
e per molti siamo diventati una speranza e una boccata di ossigeno
in mezzo allo sconcerto, alla tristezza e al disincanto provocati
nella coscienza collettiva dalla vandalica e coloniale violenza
tecnocratica.
Dobbiamo conquistare il rispetto della Costituzione e dunque la
vigenza effettiva della democrazia, e di conseguenza animiamo
nei nostri paesi incontri pubblici per ritrovare memorie, legami e
progetti comuni, per uscire tutti insieme dalla energivora società
tecnologica di massa votata ossessivamente allo sviluppo, alla
folle crescita infinita, una società destrutturata in cui, come è stato
scritto, ogni sua singola parte può essere comprata, venduta
oppure data alle fiamme (Miguel Amoros).
Gli equilibri ecosistemici e la dignità della vita delle comunità
devono essere rafforzati dalla decarbonizzazione; per questo
consideriamo l’energia una risorsa vitale che non può essere
trattata come una merce, ridotta a un valore commerciale e
sottomessa alle leggi del mercato. Lei invece è oggettivamente
parte e strumento di un ceto politico (di destra e di sinistra) da
decenni avverso alla Costituzione, impegnato ad appaltare ai
mercati e alle grandi imprese la gestione di tutti quei settori che
un’autorità collettiva degna di questo nome dovrebbe indirizzare
al bene comune. Gli incentivi alle fonti rinnovabili, della cui
gestione Lei è responsabile, sono regolati da un meccanismo
perverso, descritto di recente da Carlo Stagnaro (nell’intervista
rilasciata a Cesare Treccarichi e pubblicata su Today economia con
il titolo Dieci miliardi l’anno in bolletta per buttare energia: il
paradosso delle rinnovabili), che non è né un ambientalista né un
nemico del libero mercato; meccanismo funzionale non alla
decarbonizzazione ma all’elargizione di fiumi di denaro
pubblico agli operatori del settore energetico. E in Calabria,
caro Arrigoni, partecipano al banchetto anche quei settori della
criminalità organizzata attivi nel taglio dei boschi (esiste
purtroppo la cosiddetta “ndrangheta dei boschi”) e nel movimento terra, come documentano tante vicende giudiziarie e numerosi
interventi delle forze dell’ordine.
Ci congediamo da Lei e chiudiamo questa lettera aperta
rivolgendoci anche ai dirigenti scolastici del Polo Tecnologico
Professionale Grimaldi-Pacioli-Petrucci-Ferraris-Maresca di
Catanzaro, ai quali chiediamo di promuovere un incontro tra noi e
gli studenti, che sulle questioni energetiche hanno sentito la
campana del GSE ma forse non sono mai stati messi nelle
condizioni di sentire la nostra, che pure ha aggregato 15.000
persone intorno alla richiesta di una conversione energetica giusta,
equa, calibrata sulle caratteristiche delle varie realtà geografiche e
in grado di contribuire all’attuazione degli articoli 9, 41 e 43 del
dettato costituzionale”.
Con i saluti del Coordinamento Regionale calabrese Controvento