di Claudio Cordova – La Corte d’Appello di Reggio Calabria, Seconda Sezione Penale ha emesso il dispositivo di sentenza nell’ambito del procedimento “Thalassa”. La Corte d’Appello ha rideterminato la pena nei confronti dei nipoti del “Supremo”, Pasquale Condello. Andrea Vazzana è stato condannato a 16 anni di reclusione, Francesco Vazzana (classe 1966) a 8 anni e 8 mesi di reclusione. Condannati inoltre Francesco Vazzana (classe 1970) a 9 anni di reclusione, Francesco Polimeni a 16 anni di reclusione. Assolti invece Anna Maria Cozzupoli e Pietro Zaffino. Mentre per Giuseppe Crocè è intervenuta la prescrizione.
Il processo “Thalassa” era celebrato per chiarire le dinamiche criminali che ruotavano attorno al complesso residenziale nella zona nord della città. Secondo l’impostazione accusatoria, quel grande edificio sarebbe stato costruito interamente dalla ‘ndrangheta. Nel mirino le cosche Tegano e Condello, entrambe originarie del quartiere Archi, periferia nord della città, ed appartenenti al gotha della ‘ndrangheta. E proprio in quelle zone – in Contrada Armacà – è sorto il complesso residenziale “Thalassa”, che dà il nome all’operazione.
Il sodalizio, attraverso la gestione “di fatto” di alcune imprese, si era infiltrato nell’esecuzione di appalti e lavori edili acquisendone il pieno controllo e condizionandone l’ordinaria attività. Ingenti ricavi per le cosche reggine, attraverso la società Tegra Costruzioni Srl, rilevatasi un mero schermo finalizzato a nascondere l’interesse degli “arcoti” nell’edificazione e nella successiva gestione della vendita dei fabbricati. Infatti, gli amministratori della Tegra avrebbero ceduto agli esponenti delle cosche Tegano e Condello la selezione della gran parte delle imprese fornitrici e dei compratori degli immobili, ottenendo in cambio la garanzia derivante dalla protezione delle cosche, nonché l’ampliamento dei propri interessi imprenditoriali attraverso la gestione, in una porzione del complesso, di una attività ricettiva.
Elemento cardine quel Paolo Schimizzi scomparso senza più dare traccia di sé dal settembre 2008. Il plenipotenziario della cosca Tegano, vittima di un caso di “lupara bianca” sarebbe stato il dominus di tutto fino al momento della scomparsa. E tutto sarebbe filato liscio tra le famiglie Tegano e Condello: l’unico momento di stasi, sarebbe arrivato proprio nei mesi successivi alla scomparsa di Schimizzi.
I Giudici d’appello hanno assolto da ogni addebito, con la formula “il fatto non sussiste”, Peter Battaglia, dirigente comunale di Reggio Calabria, che in primo grado era stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione. In primo grado Battaglia venne condannato per corruzione, ma fu assolto dalle circostanze che lo volevano connivente con la ‘ndrangheta. Dalla Procura, Battaglia veniva considerato contiguo agli ambienti criminali, anche sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che avrebbero evidenziato il suo ruolo nell’organizzazione, attraverso trattamenti di favore per “facilitare” la costruzione del complesso immobiliare “Thalassa”. Peter Battaglia, in cambio di queste “agevolazioni”, avrebbe così ricevuto due appartamenti a prezzi irrisori, uno intestato ad egli stesso ed uno intestato alla moglie.
Acquisti su cui la difesa ha prodotto ampia documentazione per smontare un’impostazione accusatoria: “La sentenza fa giustizia di ogni sbrigativo e superficiale giudizio che originariamente era stato formulato nei confronti del funzionario pubblico, al quale non erano state risparmiate accuse ingiuste e ingenerosi attacchi. La pronuncia, attesa compostamente per quattro anni nella piena certezza che il processo avrebbe riconsegnato i fatti alla loro piena verità, pur non cancellando la grande sofferenza umana e professionale, conferma la dimostrazione della sua innocenza affermata sin dalle prime battute del procedimento” è scritto in una nota stampa diffusa dal collegio difensivo composto dagli avvocati Sergio Laganà, Giuseppe D’Ottavio e Giuseppe Zampaglione.
Il dirigente Battaglia ringrazia, in particolare, l’avvocato Laganà per il lavoro straordinario e la vicinanza personale durante questo travagliato percorso: “D’altronde, per il dott. Battaglia non è mai venuta meno la fiducia nella Magistratura Giudicante che ha valutato gli atti del fascicolo della Procura e la documentazione e le indagini della difesa con serenità, malgrado da alcune parti si sia tentato di instaurare un clima mediatico persecutorio, al quale non si è mai replicato mediaticamente, attendendo con fiducia che le sentenze avrebbero restituito la piena verità dei fatti” conclude la nota stampa.