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Il mondo piange la Regina, Cosenza il suo Arcivescovo: “Arrivederci padre Francesco Nolè, ci impegniamo a camminare insieme cosicché il tuo compito possa non avere fine”

di Roberta Mazzuca – Nello stesso giorno in cui il mondo si stringe attorno alla perdita della tanto amata regina Elisabetta, per una singolare e triste coincidenza, anche la città di Cosenza celebra la fine di un suo pezzo di storia, dando l’ultimo saluto all’arcivescovo di Cosenza-Bisignano Monsignor Nolè, morto a 74 anni il 15 settembre presso il policlinico “Agostino Gemelli” di Roma, dove era ricoverato dal 30 agosto a causa di un male incurabile. Questo pomeriggio, infatti, a partire dalle ore 15, in una gremita Cattedrale, alla presenza del sindaco Franz Caruso, del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, e della presidente della Provincia di Cosenza Rosaria Succurro, nonché di autorità istituzionali, parrocchiali, civili, militari e religiose giunte a porgere l’estremo saluto, l’intera città si è stretta nel suo ultimo abbraccio all’arcivescovo. “Sei stato per noi un padre e un fratello, soprattutto per i più giovani per i quali hai avuto una speciale cura” – afferma Fortunato Morrone, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria. “Abbiamo pregato tanto affinché tu potessi tornare insieme a noi, ma il Signore ha voluto che tornassi con cuore sincero a lui”. Un pensiero, subito, alla famiglia e alla madre Lucia, che sabato ha compiuto 97 anni.

“Continua dal cielo a guidarci ed esercita quella paternità che nessuno può fermare, neanche la morte. Il Signore ti dia pace. I tuoi occhi si aprano alla gloria del paradiso, dove un posto ti è stato preparato come servo buono e fedele”. Monsignor Francesco Nolè, primo di cinque figli, fu nominato da Papa Francesco, nel 2015, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano e il 4 luglio prese possesso dell’arcidiocesi, nella Cattedrale di Cosenza, dove oggi ha salutato per l’ultima volta i suoi fedeli. “La sintonia nelle vedute, il discernimento condiviso, la capacità di gioire per il modo di portare avanti il peso di certe mansioni” – recita dall’altare Salvatore Ligorio, vescovo di Potenza. “Monsignor Nolè ci ha insegnato che è la bellezza dell’amore a salvare il mondo. Vorrei prendere quello che San Cipriano scriveva di San Cornelio e applicarlo al vescovo Francesco: tu sei stato guida, così mentre hai preceduto gli altri nella via della gloria, hai persuaso tutto il popolo a confessare la stessa fede”.

 

Monsignor Nolè, nelle parole di chi lo ricorda, ha risposto quotidianamente alla domanda di Gesù, lasciando a vescovi, religiosi, battezzati, e alle chiese che ha servito, un testamento di grande valore, individuato in alcuni passaggi della sua omelia all’ultima messa presieduta proprio nella Cattedrale: “Il ‘ruolo’ ci fa apparire e rende personaggi e non persone, il ‘compito’ è invece fondamentale” – scriveva Nolè. “Il nostro compito è quello di amare, non di avere molti ruoli. Non è il potere che ci redime, ma è l’amore che ci salva. Dedicarsi al compito è la vocazione principale del presbitero ma anche la più difficile, perché presuppone lontananza dal palco e dal palcoscenico. Il compito del presbitero non finisce mai, come l’amore”. In queste parole risiede il testamento spirituale che Monsignor Nolè ha lasciato ai suoi fedeli e alla sua diocesi che, ricordando la sua eredità, così lo saluta: “Grazie per il compito che hai svolto e che ora continui a svolgere. Per l’amore mite, delicato, che hai sempre avuto verso tutti, nella consapevolezza che il tuo compito non è finito. Caro amico e fratello vescovo Francesco, ci impegniamo a camminare insieme nella speranza di continuare ad esercitare il compito che non avrà mai fine. Ancora grazie Padre Francesco Nolè”.

In conclusione, tra i tanti messaggi ricevuti, anche quello dello stesso Papa Francesco, che ha fatto pervenire il suo sentito cordoglio e si è stretto attorno al dolore dei familiari e di tutti coloro che piangono la sua dipartita.

La diocesi di Cosenza-Bisignano saluta, dunque, l’uomo che per sette anni l’ha guidata, certa di essere “non più povera, ma più riconoscente, perché la sua guida è stata messa alla prova ed è risultata fedele. Arrivederci, padre Francesco”.

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