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“Ora racconto la vera storia, l’operazione politica studiata a tavolino per farmi uscire dall’esecutivo”: Maria Pia Funaro svela alla città di Cosenza i retroscena della sua espulsione

di Roberta Mazzuca – È di fronte alla città tutta che Maria Pia Funaro, ormai ex vicesindaca di Cosenza, risponde alla decisione del primo cittadino Franz Caruso di revocarle l’incarico. Davanti a una gremita folla di cittadini e giornalisti desiderosi di ascoltare l’altro suono di questa rumorosa e ridondante campana, svela i retroscena che hanno portato, di fatto, alla sua esclusione dalla Giunta: “Innanzitutto, vorrei porre l’accento sulle strane tempistiche di questa decisione. La comunicazione alla stampa è stata, praticamente, contestuale a quella che io ho ricevuto”.

“Un’operazione politica perfetta, costruita a tavolino per favorire la mia fuoriuscita da questo esecutivo” la definisce l’ex vicesindaca, prima di ricostruire accuratamente i retroscena sviluppatisi nelle ore precedenti alla sua revoca. “Il 3 ottobre, ignara di quello che sarebbe stato il mio destino amministrativo, vado alla presentazione del corso di laurea in Infermieristica presso il Chiostro di San Domenico, alle 10 e 30. A un certo punto ricevo una telefonata dall’ufficio di segreteria comunale: è la dipendente, che mi dice ‘dottoressa, viene lei a ritirare il provvedimento, o glielo mandiamo via PEC?’. ‘Quale provvedimento?’, rispondo – ‘di revoca dalla Giunta’. Così, in modo tempestivo, alle ore 12 e 16, ricevo la comunicazione a mezzo PEC della disposizione del Sindaco, che mi revoca l’incarico perché la mia presenza non assicurava l’efficienza del programma politico in termini di coesione della Giunta”.

Di una comunicazione ricevuta dal nulla, senza nessun tipo di interlocuzione, parla dunque Maria Pia Funaro: “Come se fossi un corpo estraneo a questa amministrazione. Come se non fossi rappresentativa di una parte della società che è qui presente in modo consistente e importante. Come se gli oltre 530 elettori di Cosenza che avevano riposto fiducia in me, non avessero più diritto ad avere la propria rappresentanza. Così il Sindaco ha deciso che non era necessario neanche convocarmi per comunicarmi le sue decisioni. Così il Partito Democratico ha deciso che non era neanche necessario discuterne o comunicarlo”.

La presa di posizione degli ‘amministratori’ contro la CGIL: “Mi sono rifiutata di sottoscrivere il comunicato contro il sindacato, e il Sindaco ‘ne ha preso atto'”

Ma, ancor più sconcertante, il racconto delle ore precedenti alla comunicazione, diciamo così, “ufficiale”: “Domenica 1 ottobre il Sindaco scrive all’interno di una chat, quella che abbiamo con la giunta, chiedendo di sottoscrivere un documento di accusa nei confronti della CGIL per una presunta posizione contro l’amministrazione in merito a una nuova localizzazione dell’ospedale. Il Sindaco aveva forse necessità di mettere alla prova i componenti della sua giunta, e quindi intorno alle 13 e 30 chiede di sottoscrivere questo documento, che rappresentava un’accusa forte a una presunta posizione della CGIL”. E ci tiene a sottolineare, l’ex vicesindaca, l’elemento della “presunzione di innocenza”: “Io ero presente al convegno della CGIL, c’erano anche il segretario Nicola Irto e altri esponenti del Partito Democratico, e questa posizione ‘contraria’ era stata paventata soltanto in un intervento, quello del dottor Franco Masotti, che aveva semplicemente ipotizzato questa idea come valida, ossia la collocazione dell’ospedale ad Arcavacata, vicino all’Università. Questo documento, invece, insinuava in modo anche molto subdolo un possibile accordo tra il presidente Roberto Occhiuto e il sindacato stesso”.

“Gli altri componenti – continua Funaro – in modo compatto hanno acconsentito, mentre io ho sollevato qualche osservazione, chiedendo di aprire un dialogo. Mi è stato risposto che il comunicato non sarebbe stato cambiato, che le cose stavano così, e che avrei dovuto sottoscriverlo o no. La mia risposta è stata ‘no’, quella del Sindaco ‘ne prendo atto’. Dopo 15 minuti da quella conversazione, il comunicato è uscito – spiega ancora – ma con una premessa diversa: a parlare non era più ‘la Giunta’, ma ‘gli amministratori’. E anche qui l’altra insidia, perché gli amministratori di Cosenza siamo un po’ tutti. Si aspettavano, dunque, una mia presa di posizione”.

La seduta di Giunta mancata: “Solo una sciocca sprovveduta si sarebbe presentata, era tutto un inganno”

E ancora, di tranelli e inganni parla l’ex componente della giunta Caruso: “Io non ho fatto nessuna rettifica, eppure esce magicamente su una testata online la mia posizione. Strano, perché quest’ultima era stata espressa internamente in un gruppo privato di chat composto unicamente da Sindaco e assessori. Quella sera, nel momento in cui esce quella notizia, il Sindaco convoca il segretario provinciale Vittorio Pecoraro, alle ore 12:00 di lunedì. La seduta di giunta, la famosa, quella a cui non ho preso parte, era convocata per le 14:00. La convocazione di Pecoraro era, chiaramente, una comunicazione della decisione già assunta. Capirete bene che, con queste premesse, e con tutto ciò che sono state le settimane precedenti, solo una sciocca sprovveduta sarebbe andata a quella giunta che, comunque, durerà mezz’ora, l’assessore al bilancio non ci sarà neanche. Subito dopo ci sarà un incontro della delegazione del PD composta da Pecoraro, Mazzuca, e non so chi altro, e intorno alle 17:30/18:00 il Sindaco chiederà di predisporre il provvedimento di revoca”.

Un ruolo non marginale del Partito Democratico in tutta la vicenda viene, ancora, messo in evidenza dall’ex vicesindaca: “Il PD era nelle stanze del Sindaco, del Comune, quando si decideva qual era il destino di Maria Pia Funaro all’interno di questa amministrazione. Il problema è l’anima del Partito Democratico a Cosenza, che è fluido, composto da mille anime, ma rappresentato qui sempre dalle stesse persone, Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. Un mondo gattopardesco, che dà l’impressione che le cose cambino, ma in realtà qui non cambia mai nulla”.

“Mi sono sempre sentita un corpo estraneo rispetto al Partito, accerchiata in alcuni momenti e incapace di incidere. Non mi sento sola quando sto tra la gente, nella mia famiglia, con i miei amici. Immaginavo di costruire un percorso all’interno di questo partito, ma la situazione è stata asfissiante in alcuni momenti, anche in Comune”. E la domanda dalla stampa arriva spontanea: perché non si è dimessa? “Perché avevo un mandato elettivo” – risponde decisa.

“C’è un problema di misoginia all’interno del Partito Democratico – afferma poi interrogata in merito alla possibilità che la sua estromissione possa essere derivata dal suo genere. “La politica è ancora troppo spesso qui declinata dagli uomini”.

La libertà di dissenso, quella forse sconosciuta

Quello che emerge dalle parole di Maria Pia Funaro è, in definitiva, al di là di appartenenze politiche e condivisioni ideologiche, un vero e proprio clima di terrorismo psicologico, una resistenza al dialogo, quasi un’esecuzione di ordini e mai un’agire politico: “Una volta fui perfino tacciata di essere contro il Sindaco perché avevo messo un cuore a un commento dell’ex assessore Francesco Giordano, che si era appena dimesso. Ma non c’entrava nulla con l’amministrazione, era un commento sul suo stato d’animo”. Uno scoramento, una vera e propria rassegnazione, che non è nuova, così come nuove non sono le modalità adottate dal primo cittadino nell’estromettere qualcuno da Palazzo dei Bruzi. Le ricordiamo, allora, la vicenda che interessò Fabio Gallo, al quale, con le stesse procedure, la stessa brutalità, e le stesse infondate motivazioni, fu revocata la delega all’Ecosistema Digitale della Cultura prima concessa dallo stesso Sindaco: “La vicenda di Fabio fu una vicenda dolorosa che io stessa gestì male. Non è facile esprimere un dissenso, non è facile in questa amministrazione neanche esprimerlo in modo riservato. Io lo feci all’inizio del mio mandato con la vicenda di via Roma, quando sollecitai tutti ad aprirsi al dialogo con il mondo della scuola. E l’ho fatto adesso, ed ecco qua il provvedimento. E allora no, probabilmente non esiste in questa amministrazione la libertà di esprimere la propria posizione”.

 

 

 

 

 

 

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