“L’unica vera prigione è la paura” - Aung San Suu Kyi
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Il 18 e il 19 giugno alla Cittadella Regionale il convegno “Le prigioni della mente” per mettere in luce le criticità esistenti ed i percorsi innovativi in ambito penitenziario

Il 18 e il 19 giugno alla Cittadella Regionale a Catanzaro i riflettori nazionali si accenderanno sul convegno “Le prigioni della mente” per mettere in luce le criticità esistenti ed i percorsi innovativi in ambito penitenziario. L’iniziativa, promossa dal Garante Regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, con il sostegno dell’Unione Camere Penali, alla quale parteciperanno – oltre ai rappresentanti istituzionali – il Garante Nazionale Felice Maurizio d’Ettore ed il Portavoce della Conferenza dei Garanti Territoriali, Samuele Ciambriello, sarà l’occasione per inquadrare l’aspetto della limitazione della libertà personale dal punto di vista delle neuroscienze con esperti in materia, quali il calabrese Antonio Cerasa del CNR di Messina.

Ma sarà anche l’occasione per la presentazione di percorsi di alta valenza sociale che muovono i propri passi proprio nelle carceri calabresi: “Dolci cReati”, il laboratorio di pasticceria condotto all’interno dell’istituto di pena di Catanzaro da parte di alcuni detenuti in regime di alta sorveglianza, facenti parte della cooperativa appositamente costituita, “Mani in Libertà”; “Amore sbarrato”, il progetto di teatro condotto nel carcere di Cosenza, e il programma sulla giustizia riparativa “Sicomoro”, che vede insieme gli istituti di Paola, Vibo Valentia e Palmi.

Non è un caso che la due-giorni prenda avvio con la conferenza stampa di protesta del 18, perché il 18 di ogni mese si vuole dare seguito all’appello del Presidente Mattarella sulle condizioni delle carceri che chiamano tutti alle proprie responsabilità – ha spiegato il Garante Regionale Luca Muglia, intervistato telefonicamente dall’ufficio stampa del CSV Calabria Centro – Sarà comunque un evento che esamina la questione delle carceri da un punto di vista innovativo, non concentrandosi solamente sulle criticità ormai arcinote a tutti”.

Tra queste l’emergenza suicidi (e la maratona oratoria organizzata dall’Unione Camere Penali nei giorni scorsi, e che ha visto la partecipazione anche di piazze calabresi, ha avuto la finalità di dare voce a questo dramma) e la mancanza di organico la dicono lunga riguardo alla risoluzione di un problema, che è andato ad aggravarsi negli ultimi quindici anni. Anche se delle condizioni delle carceri ultimamente se ne parla sempre di più: “Ci sono più persone, oggi- sindacati, garanti, volontari e cappellani – sempre più disposti a veicolare le informazioni sulle carceri all’esterno, ma ciò determina una frustrazione in più nei detenuti, perché nella realtà dei fatti nulla cambia – continua Muglia – Le nostre carceri rimangono sovraffollate, eppure la metà dei detenuti, circa 30mila, hanno commesso reati per i quali la condanna non supera i tre anni (per droga o reati contro il patrimonio) e per i quali, tuttavia, uscire dalla prigione è assai complicato. Le strutture sono fatiscenti, molti non hanno la doccia in cella, e non esistono sistemi di raffreddamento e di riscaldamento adeguati. Ma mentre possiamo sperare nell’ammodernamento delle strutture con l’utilizzo dei fondi del PNRR, la questione degli organici resta ancora insoluta”. Nonostante i concorsi banditi, infatti, i nuovi agenti di polizia penitenziaria andranno a sostituire quelli in pensione, ma la proporzione di 1 educatore o agente ogni 100 detenuti rimane pressoché invariata, con la conseguenza che non si riesce a garantire ai detenuti quei margini di movimento che gli consentano di partecipare alle attività previste. E così non rimane che tenerli chiusi in cella. Ed anche al momento dell’uscita dal carcere, senza percorsi di reinserimento e una rete sociale e familiare su cui poter contare,  la possibilità di ricadere nelle mani della criminalità organizzata è sempre dietro l’angolo per un ex detenuto.

Sulla scorta delle segnalazioni raccolte nel mio raggio d’azione, mi sento di dire che viviamo un vero e proprio allarme sociale, per il quale ci può venire incontro l’utilizzo delle nuove tecnologie – conclude il Garante Regionale – Il braccialetto elettronico, le piattaforme per comunicare con i familiari, la telemedicina per gli esami in tempo reale, soprattutto per ciò che concerne la patologia psichiatrica, vanno senz’altro nella direzione di una vita carceraria più rispettosa dei diritti dei detenuti. E di questo, assieme all’avvocatura ed alle Camere Penali, discuteremo nei due giorni di convegno a Catanzaro”.

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