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“Occorre la volontà decisa di fare delle leggi per combattere la mafia”. Lo ha detto il magistrato Marisa Manzini alla presentazione del libro di Antonio Cannone “Quando la ‘ndrangheta sconfisse lo Stato”

“Lo Stato ha veramente intenzione di fare guerra alle mafie? Si vuole davvero imprimere una svolta contro la criminalità organizzata? Io penso che ancora da questo punto di vista ci sia molta precarietà perché manca una legge”. È uno dei passaggi salienti dell’intervento della dottoressa Marisa Manzini in occasione della presentazione del libro di Antonio Cannone,Quando la ‘ndrangheta sconfisse lo Stato” che si è svolta a Pianopoli nell’hinterland lametino.

La Manzini, Sostituto procuratore presso la Procura generale di Catanzaro, non si è sottratta ad un confronto schietto sulla situazione attuale, ricordando la tragedia del duplice omicidio di Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano uccisi dalla mafia il 4 gennaio 1992, del quale l’autore con questo secondo libro approfondisce ulteriori aspetti dopo la pubblicazione del primo saggio “Il caso Aversa tra rilevazioni e misteri”, su una vicenda ancora complessa e dai risvolti oscuri. All’iniziativa di Pianopoli, moderata dal giornalista Ugo Floro e organizzata dall’Associazione “Terra Di Calabria”, presenti oltre alla Manzini, l’autore e Walter Aversa, primogenito della coppia uccisa. Dopo i saluti di Sandro Gallo, animatore dell’omonimo “Caffè Letterario”, le domande puntuali e pregnanti di Ugo Floro ai relatori. “L’omicidio dei coniugi Aversa – ha aggiunto la Manzini – si inquadra in quel contesto di strategia mafiosa messa in atto nel 1992 fino ad arrivare alle stragi di Capaci e via D’Amelio, e che comunque era iniziata ancora prima, il 9 agosto del 1991 con l’uccisione del giudice Scopelliti”. Ma sono cambiate le cose in Calabria da quella stagione stragista ad oggi? “Sicuramente – ha evidenziato la Manzini – gli omicidi sono sensibilmente diminuiti, ma dire che la criminalità organizzata ha smesso di fare i suoi affari è impensabile. Quella stagione ci insegna che purtroppo esistono commistioni con certi ambienti della politica, con ambienti cosiddetti perbene della società, come dimostrano anche indagini recenti, dove sono implicati pezzi dello Stato. Quella stagione ci ha detto anche che ci fu una trattativa tra la mafia e lo Stato. È vero che ci sono state delle assoluzioni, ma la trattiva c’è stata. Occorre la volontà decisa di fare delle leggi per combattere la criminalità organizzata che fa patti con la politica ed inquina l’economia. Purtroppo, ancora oggi si sente che un sindaco, un assessore comunale, regionale, un funzionario di questo o quell’Ente, sono implicati in inchieste. Nel libro di Cannone – ha aggiunto la Manzini – ci sono questi aspetti che sono incontestabili e rievocano una vicenda che ha segnato il territorio di Lamezia. Occorre conservare la memoria perché non bisogna mai dimenticare, e perché deve servire d’insegnamento alle nuove generazioni”.

Walter Aversa ha ripercorso il lavoro del padre, “in un commissariato di frontiera”. Accennando ai contenuti del libro e ammonendo su quelle vicende che hanno riguardato il racconto della testimone Rosetta Cerminara, dei due pentiti, Speciale e Chirico che si autoaccusarono in seguito del duplice omicidio ma, soprattutto, affermando che “ad un anno di distanza dell’uscita del libro di Antonio Cannone e anche del suo primo libro, così come delle successive interviste realizzate, nessuno ha detto nulla. Nessuna delle affermazioni contenute nel libro e anche altre dichiarazioni sono state smentite. Nessuno – ha detto Aversa – è venuto a dirci: guardate, le cose sono andate così. Sì, esiste una verità giudiziaria, però vi diciamo che si è agito in quel modo perché…”.

Aversa ha poi sottolineato l’impegno del padre per la soluzione del duplice omicidio dei netturbini Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte e dell’informativa redatta per lo scioglimento del Consiglio comunale del 1991 per infiltrazioni mafiose. Concetti ripresi dall’autore del libro che, nel ribadire “i tanti errori giudiziari del caso Aversa”, ha parlato di “responsabilità della classe politica dell’epoca, della condanna da parte del Tribunale di Salerno del Pm dell’epoca per gravi colpe, delle omissioni che hanno precluso l’affermazione della verità”. Cannone ha altresì auspicato che “si possa fare chiarezza su quegli anni, a cominciare dell’uccisione di Cristiano e Tramonte. Se si viene a capo di quelle responsabilità – ha chiosato il giornalista e scrittore lametino – poi tutta la “filiera” di quegli eventi, fino all’uccisione dei coniugi Aversa passando per lo scioglimento del Consiglio comunale, avrà probabilmente una spiegazione chiara e forse potremmo conoscere la verità-vera”.

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