Si è conclusa Sabato 17 Settembre a Badolato borgo la rassegna di cinema e dei cortometraggi “CIAK SI BEVE!”, organizzata in piazza San Nicola dal Club dei Vedovi Neri in collaborazione con la Compagnia Teatro del Carro e gli operatori turistici badolatesi dell’A.Op.T. “Riviera e Borghi degli Angeli”. Una due-giorni di cinema, arte e cultura, con interessanti momenti di comunità di incontro, discussione e confronto venutesi a creare nel piccolo borgo attraverso il cinema e con in mano un bicchiere di buon vino.
Una rassegna settembrina che ha visto protagonisti, durante la prima serata, Saverio Tavano, Francesco Gallelli ed Anna Maria De Luca con la proiezione del cortometraggio “U Figghiu”, interamente girato a Badolato circa 3 anni fa, che vanta ormai premi e menzioni speciali provenienti dai più importanti festival nazionali di cortometraggi. La ri-presentazione del corto del regista Tavano, sostenuto anche dalla Calabria Film Commission, è stata riproposta a gran richiesta ed ha infatti registrato la partecipazione interessata di un vasto ed eterogeneo pubblico di cittadini italiani e stranieri. Gli organizzatori, a chiusura della prima giornata di proiezioni, hanno inteso anche ringraziare la comunità di Badolato, le confraternite religiose e l’Amministrazione Comunale Mannello per il supporto istituzionale dato alla produzione e realizzazione del corto “U Figghiu” e l’Amministrazione Comunale Parretta per la collaborazione istituzionale offerta nel garantire la buona riuscita, con l’uso della piazzetta San Nicola, dell’edizione settembrina di “Ciak si beve!”.
Bella ed interessante anche la seconda giornata della rassegna con la presentazione e proiezione del mediometraggio “Il Paese Interiore” di Luca Calvetta, film-documentario liberamente ispirato alla vita ed alle opere dell’antropologo calabrese Vito Teti. L‘ultimo libro di Vito Teti va ben oltre l’antropologia. Smonta la retorica del paese-cartolina. Parla di restanza, condivisione, accoglienza, coerenza. Della necessità di essere dissidenti, di creare le condizioni per riabitare i paesi. Per chi resta, per chi torna e per chi arriva. Gli organizzatori partendo proprio da questo e dal suo stesso titolo tematico “Il paese interiore esiste? Un viaggio dentro ciascuno, oltre ogni provenienza.” hanno voluto dar vita ad una discussione aperta di comunità, grazie anche agli interventi del regista Luca Calvetta, della scrittrice Eliana Iorfida, dell’artista e filologo Antonio Tropiano, di Guerino Nisticò e Turi Caminiti.
“L’opera di Calvetta – ha dichiarato in introduzione Eliana Iorfida – è sintesi perfetta del concetto tetiano di “restanza”. Intanto perché restituisce plasticamente, per efficace sequenza di immagini, quel “restare nell’andare” e viceversa che è alla base di tale suggestione; poi, perché lo stesso vissuto del regista, cosmopolita di nascita e percorsi ma di origini calabresi, ne incarna pienamente il significato. Ecco perché Luca è riuscito nell’impresa di interiorizzare il paese-mondo di cui parla Teti e renderlo universale, identità di tutti. La sua bravura è stata doppia: nel cimentarsi con l’opera di un importante studioso vivente, dunque confrontandosi con l’autore stesso, e nel sintetizzarne il pensiero denso e prolifico attraverso la scrittura di testi efficaci, pregni di poesia. Su questi aspetti ho inteso sollecitare le riflessioni di Calvetta, nel suo rapporto con la fonte e nell’eventuale mutare del rapporto coi luoghi nei quali ha girato, che, inevitabilmente, adesso abitano anche lui. Perché i luoghi ci abitano più di quanto noi abitiamo loro. La nota sul “non finito calabrese”, che ha acceso il dibattito assieme ad altri spunti, ha ispirato al regista la definizione di ‘infinito calabrese’ in senso propositivo, rivolto a un’azione artistica e creativa capace di proiettare quegli stessi luoghi verso una prospettiva di riuso e una riconciliazione col territorio e le comunità”.
Alla discussione ha apportato un valore aggiunto l’artista e filologo Antonio Tropiano che ha fatto un intervento provocatorio, rompendo con la ‘grammatica dell’attesa’ e con l’utopia della memoria e della nostalgia tipicamente tetiana. La tematica relativa alla potenziale ri-abitazione dei piccoli paesi è complessa e forse la chiave di volta rigenerativa sta nella creazione della condizione prioritaria della riconquista del tempo, del proprio tempo, della ricerca dell’autentica e pura lentezza e di un certo stile di vita mediterraneo che rompe con le ormai superate dinamiche narrative della Calabria e propone e rivendica più che un’attesa, più che un continuo aspettare, una vera e propria propensione pragmatica alla ‘spettanza’ (ciò che ci spetta!) con nuovi bisogni da soddisfare, verso l’essenziale e con l’abbandono del superfluo. Un pensiero, quello dello scultore Tropiano, nato dal proprio essere e dalla propria esperienza personale e professionale, ed il cui animo – dopo tanto peregrinare in giro per l’Italia – ha di nuovo trovato dimora in Calabria, a Santa Caterina dello Ionio, in campagna tra arte, filosofia, ricerca, lentezza e natura. All’intervento di Tropiano ha fatto sponda Guerino Nisticò parlando di nuove comunità e testimoniando cosa c’è in atto proprio a Badolato, ormai da anni, con il lento processo di rivitalizzazione che caratterizza il borgo e con la sua graduale ed interna composizione di una nuova comunità multiculturale e multireligiosa in cui si intrecciano storie di “restanze, ritornanze e nuove arrivanze” e che continuano ad alimentare una reale chanche di sopravvivenza per il piccolo paese e per la sua stessa comunità. La discussione di comunità ha coinvolto anche tanti ospiti italiani e stranieri presenti alla proiezione ed altresì Turi Caminiti, con importanti spunti di riflessione rispetto all’attuale sistema politico-economico contemporaneo e modello di produzione e profitto che hanno depredato il Sud, svuotandolo e desertificandolo. Turi è, assieme a tanti altri amici badolatesi tra cui il compianto Totò U Pirri (ricordato spesso durante la due-giorni di rassegna), l’ideatore della rassegna “Ciak si beve!” fin da metà degli anni ’90 e proprietario – assieme ai propri figli e genitori – dello storico “catojo” che ha dissetato le menti dei tanti partecipanti alla due-giorni di cinema, offrendo loro del buono vino prodotto a Badolato nel rispetto della migliore tradizione contadina locale.
In chiusura il regista Luca Calvetta, ringraziando tutti e tutte per la straordinaria serata, ha infine dichiarato: “Durante la proiezione, in certi istanti, si può credere che il film non sia quella riflesso sullo schermo, ma tutto ciò che lo circonda, la piazza, i lampioni del borgo, le scalinate che si inerpicano. La sagoma di chi ti siede accanto. Quando poi finisce la proiezione, arriva la certezza che lo spettacolo stia prendendo forma in quel preciso momento, nei volti, nelle voci. E si sente di appartenere da sempre alla famiglia di chi crede nell’arte, nel cinema, nell’umanità resistente. Magari scambiandosi un bicchiere di buon vino. A Badolato, mondo”.