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I boss della cosca La Rosa di Tropea gestivano affari dal carcere grazie a cellulari intestate ad extracomunitari: fondamentale il ruolo delle donne

I boss della cosca di ‘ndrangheta La Rosa di Tropea (Vibo Valentia), seppur detenuti in carcere, mantenevano i contatti con familiari e affiliati grazie a cellulari e schede sim intestate ad extracomunitari fatte entrare illegalmente, continuando così a gestire gli affari illeciti del clan. E’ quanto emerso dall’operazione condotta dalla Guardia di finanza, con il coordinamento della Dda catanzarese, che stamani ha portato a 10 arresti, 7 in carcere e tre ai domiciliari.

Dalle indagini, condotte dagli investigatori dei Nuclei di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Vibo Valentia e del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, sono emersi anche diversi episodi estorsivi perpetrati ai danni di esercizi commerciali che offrivano “sostegno materiale” agli appartenenti alla cosca rimasti in libertà, provvedendo anche ai bisogni dei detenuti e al pagamento dei difensori. In tale contesto, secondo gli investigatori, un ruolo importante lo hanno svolto alcune figure femminili – una ritenuta appartenente alla cosca – che sono sospettate di avere gestito le finanze, riscosso le estorsioni, oltre ad avere assicurato i contatti tra carcere e ambiente esterno, procurando i telefoni cellulari, effettuando le ricariche e diffondendo istruzioni e messaggi funzionali al mantenimento della struttura criminale.

Dalle intercettazioni e dalle successive indagini, è stata ricostruita anche un’estorsione compiuta ai danni di un imprenditore locale durante la pandemia da Covid-19, oltre ad un episodio di trasferimento fraudolento di un bene immobile, poi ceduto a terzi, allo scopo di eludere eventuali sequestri da parte dell’Autorità giudiziaria.

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