di Matteo Valenti Piovasco – “Si tramanda che, in un’afosa giornata di fine estate di tempi remoti, il popolo di quel borgo si radunasse per la grande festa.
Ma il destino avverso minacciava la loro allegria: la brace languiva, il fumo si alzava stanco, e le salsicce, il grasso e il magro, le fette di filetto, restavano pallide come cera.
Fu in quell’ora di sconforto che una luce misteriosa scese dal cielo, e tra i marciapiedi e i palazzi in stile non finito calabro apparve la Madonna del Sollievo, avvolta in un manto che odorava di rosmarino e alloro.
Ella stese la mano, e la scintilla tornò a vibrare tra i carboni, che presero a crepitare come in un inno sacro.
La carne arrostì dorata, il vino traboccò dalle brocche, e la gioia si diffuse tra il popolo.
Da quel giorno, gli abitanti la invocano come Custode del Fuoco e Regina della Grigliata, affinché mai venga meno la brace,
né il satizzo resti semicrudo in nessuna festa di paese.”
(da un manoscritto ritrovato sotto un ombrellone al lido comunale)
LA MADONNA DEL SOLLIEVO
Nella città di Regalis Calabriae, luogo tranquillo, in cui spesso soffia vento di scirocco e il mare bagna il confine tra la terra e un altro mondo con altre Madonne: Madonne dello Scoglio, del Mare, Madonne Nere provenienti da oltre il mare la vita scorre calma, quasi ferma, anzi pare proprio che si siddia pure a scorrere.
Ogni anno, verso la fine della seconda settimana di settembre, il miracolo si ripete:
un folto manipolo di imprecatori di parole ardite trasporta sulle spalle, tra esclamazioni infuocate, per circa tre chilometri e mezzo, dodici quintali di sacra effige rappresentante la Madonna del Sollievo.
Al suo passaggio, una nebbiolina dal profumo di satizzo rrustuto inebria l’atmosfera.
E così, non solo ogni locanda, ma ogni bottega artigiana, venditori di preziosi, calzolai, addestratori di draghi depressi, cercatori di erbe, scrivani, allevatori di gremlin da compagnia, disinnescatori di rune esplosive, mastri intagliatori, alchimisti specializzati, tutti, ma proprio tutti, abbandonano il proprio mestiere usuale e divengono:
poeti dell’unto, sacerdoti ambulanti del piacere primordiale, maestri del colesterolo felice,
templari della stagnola bollente, ovvero: consano panini col satizzo.
Ora, si sappia che il passaggio dell’effige della Madonna del Sollievo non era solo un evento spirituale, ma un fenomeno mistico-culinario di rara potenza, capace di alterare temporaneamente le leggi della realtà, del commercio ambulante e della dieta mediterranea.
Durante il suo transito per le vie acciottolate di Regalis Calabriae, accadevano prodigi che nemmeno i più stimati maghi del Concilio dell’Unto erano riusciti a catalogare.
Il Calzolaio della Brace Involontaria
Mastro Eligio, calzolaio da tre generazioni e mezzo (la mezza era il nonno che faceva solo pantofole), si ritrovò, non si sa come, con una griglia fumante al posto del banco da lavoro.
I sandali si carbonizzarono, trasformandosi in focacce croccanti. I lacci in salsiccia.
“È la Madonna che comanda,” disse lui, e vendette dodici paia al primo gruppo di turisti affamati.
Il Notaio della Salsiccia Certificata
Ser Baldovino, il notaio, uomo noto per non ridere mai, cominciò a redigere contratti di panino:
“Panino col satizzo, ben cotto, con facoltà di senape, diritto di cipolla, e clausola piccante facoltativa.”
Fu il primo caso di paninificazione notarile nella storia del regno.
Si parla ancora del famoso Statuto della Porchetta Autenticata, firmato col grasso della verità.
Il Mago Aromantico
Un vecchio stregone di nome Profumorius, solito vendere elisir di amore, iniziò a distillare olio al peperoncino direttamente dal suo bastone magico.
Ogni goccia suscitava una visione: chi vedeva angeli, chi un pranzo di nozze, chi sua suocera con un panino in mano.
La folla lo adorava, e lo temeva…
Per sette giorni e sette notti, nessuno fu più se stesso.
Gli scribi scrivevano menù.
Gli alchimisti distillavano birra artigianale.
Le locande non bastavano.
La città era diventata un’unica, immensa, sacra grigliata collettiva.
Si cantava.
Si danzava.
Si digeriva lentamente con la citrosodina.
Furono giorni memorabili.
Giorni in cui anche il sole sembrava più unto.
poi, d’improvviso…
Un botto.
Un boato che sembrava uscito dalla gola di un drago sovrappeso che aveva appena rotto il digiuno.
Una pioggia di luce scese dal cielo, il firmamento s’infuocò, ma non nel senso meteorologico, ma in quello mistico, pirotecnico e festaiolo. Comete di fuoco danzavano come fate iperattive, serpenti luminosi sfrecciavano tra le stelle urlando colori. Una meteora a forma di salamella esplose in un tripudio di coriandoli dorati.
La gente, già mezza ubriaca di birra e sacro entusiasmo, alzò lo sguardo.
“Ecco… sono arrivati i fuochi…” mormorò qualcuno, con un sospiro che sapeva di brace consumata.
Poi dal cielo scese una nebbiolina…non quella del mattino o dell’umidità sulle ossa.
Ma quella sottile e aromatica portata dai fuochi, come un velo steso dalla mano della stessa Madonna del Sollievo.
Profumava di zolfo, magia, e un pizzico di salsiccia bruciacchiata.
E mentre scendeva, coprendo tetti, piazze e paninari improvvisati, qualcosa accadde.
Quando la nebbia si dissipò come svanisce il sogno dopo il primo caffè tutto tornò com’era.
Il calzolaio ritrovò i suoi sandali.
Il notaio tornò a firmare eredità.
Il mago Profumorius vendette di nuovo infusi per la forfora.
La città di Regalis Calabriae, per un attimo eterna griglia sacra, tornò a essere sé stessa:
quieta, salmastra, leggermente malinconica, come chi ha appena finito l’ultimo boccone del panino migliore della propria vita.
Ma…da qualche parte, nel cuore dei suoi abitanti, una brace piccolissima continuava a crepitare.
E così, con il cielo ormai quieto, le stelle che si specchiavano nel mare e l’odore della salsiccia che si ritirava nei vicoli come un ospite stanco, la città tornò alla sua calma abituale.
I mestieri ripresero il loro ritmo: calzolai, scribi, alchimisti e draghi depressi, tutti al proprio posto, come se nulla fosse accaduto.
Ma ogni tanto, quando il vento di scirocco accarezzava le strade di Regalis Calabriae, qualcuno giurava di sentire un flebile crepitio, come il sussurro di un fuoco che non si spegne del tutto, come quando frii le melanzane, come quando ti fai la doccia.
E i cittadini, sorridendo tra sé e sé, sapevano che presto, tra dodici mesi e qualche giorno, la Madonna del Sollievo sarebbe tornata, con la sua effige e il profumo di rosmarino, e la città di nuovo sarebbe diventata un immenso, sacro, glorioso forno a cielo aperto…
Fino ad allora, il silenzio dei vicoli custodiva il segreto del miracolo, in attesa della prossima grande festa.