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Così la ‘ndrangheta ha interrato rifiuti nella Piana di Gioia Tauro: valori sopra soglia del 6.000%

Inquinamento Piana di Gioia Taurodi Claudio Cordova – Lo zinco era segnalato in quantità sette volte maggiori rispetto al consentito. Il rame, invece, con valori superiori di dodici volte rispetto alla norma. Addirittura il piombo arrivava a superare di cinquantanove volte il limite previsto dalla normativa. E, ancora, gli idrocarburi raggiungevano picchi del 4.200% rispetto alle soglie. In alcuni casi i valori sono arrivati al 6.000 sopra la soglia di guardia.

Così la ‘ndrangheta ha inquinato per anni il territorio della Piana di Gioia Tauro. A ricostruire lo scempio ambientale,  l’inchiesta “Mala pigna” dei carabinieri Forestali coordinate dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di 19 persone – 10 ai domiciliari – all’obbligo di dimora per altri 9 indagati e un obbligo di presentazione.

Lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso attività di interramento nel suolo, è diventato oggetto di investigazione e di accertamenti tecnici eseguiti dai Consulenti Tecnici nominati dalla Procura della Repubblica. Con questi risultati agghiaccianti.

Al centro dell’inchiesta, l’azienda “ECOSERVIZI S.R.L.”, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica, sita nella zona industriale del Comune di Gioia Tauro. Dietro lo smaltimento illecito dei rifiuti, secondo la Dda di Reggio Calabria, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il “tutore degli interessi della cosca Piromalli”.

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L’inchiesta coordinata dal procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci, e dai sostituti Gianluca Gelso, Paola D’Ambrosio e Giorgio Panucci avrebbe ricostruito come  gli autocarri aziendali partissero dalla sede di una societa’ con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture). Giungendo poi in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando enormi quantità di rifiuti, anche a profondita’ significative. Tutto nella zona vicina allo stabilimento. Quindi, nell’area della Piana di Gioia Tauro. Gli accertamenti eseguiti hanno portato alla scoperta anche dell’interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica. 

La cosca avrebbe avuto poi a propria disposizione una serie di tecnici che, invece, avrebbe alterato i risultati inquietanti sui dati d’inquinamento. Con il concreto ed attuale pericolo che le sostanze inquinanti possano infiltrarsi ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante.

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