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Domenica a Catanzaro si festeggia il “Dantedì” con l’iniziativa della società Dante Alighieri: lectio magistralis del professore La Rosa su desiderio e limiti della conoscenza nella commedia

Torna per il quinto anno consecutivo il Dantedì, la Giornata Nazionale dedicata a Dante Alighieri. Per l’occasione il Comitato di Catanzaro della Società Dante Alighieri si appresta a omaggiare la cultura dantesca con l’incontro di approfondimento dal titolo “Il contro-canto di Ulisse” in programma domenica 23 marzo alle ore 17:30, nella sala convegni del Musmi (Museo Storico Militare).

Il programma dell’iniziativa aperta a tutti prevede la lectio magistralis del professore Luigi La Rosa, consulente letterario e socio del sodalizio che sarà inframmezzata da momenti di lettura a cura degli attori dell’Associazione Graecalis, Mariarita Albanese e Salvatore Venuto.
L’intento è di proporre una lettura critica e più aderente al testo della Divina Commedia che permette di parlare del Sommo Poeta in maniera nuova e interessante per rifuggire da sterili e vuote celebrazioni:
«Non bisognerebbe accontentarsi della vulgata dantesca» commenta il professore La Rosa che anticipa i punti salienti su cui relazionerà: «Ci soffermeremo sull’analisi del celebre Canto XXVI dell’Inferno e quindi del personaggio di Ulisse che normalmente viene presentato dalla letteratura in termini eroici come campione dell’umanità che non si ferma davanti al desiderio di conoscere, di scoprire, di rendersi conto».
Dante è in linea con questo pensiero? «Probabilmente no – spiega La Rosa –. Intanto per comprendere la sua posizione sarebbe molto meglio (cosa che non si fa neppure nelle scuole) leggere questo canto insieme a quello successivo. Si tratta di due canti che si riflettono a specchio, sono costruiti allo stesso modo con due personaggi che si somigliano molto, pur avendo destini diversi».
Il senso dei due brani è attinente a un argomento di strettissima attualità su cui l’uomo d’oggi si sta dibattendo cioè il problema della conoscenza e dei suoi limiti. «L’uomo moderno non ha un’etica della conoscenza. Cioè ritiene che debba comunque procedere nell’ambito del sapere senza porsi dei confini. Se deve inventare la bomba atomica, la inventa. Niente può fermare questo cammino. Poi può decidere se usarla o meno però la scienza non si può fermare – chiarisce La Rosa – . La posizione assunta da Dante è diversa. Aveva provato questo brivido della conoscenza senza limiti quando a Parigi seguiva le lezioni di Sigeri di Trabante che sosteneva che la conoscenza non doveva essere limitata da altro se non dalla ragione umana. Poi però il Poeta si ricrede su questo punto e fa un passo indietro ritenendo che la conoscenza debba avere un limite attraversando il quale si nega Dio come fa capire nel Canto XXVI e poi nel Canto XXVII». Dante è quindi un autore che resta sempre in campo e quasi “miracolosamente” si accosta agli interrogativi che l’uomo si pone nell’era dell’intelligenza artificiale.

«L’intelligenza artificiale ci dà l’illusione (secondo alcuni la certezza) – aggiunge il professore La Rosa –  di poter arrivare alla conoscenza assoluta, totale. Questo significa che noi ci dobbiamo assimilare alle macchine, meccanismi che non hanno limiti. Questa mancanza di limiti per Dante è la perdita, lo scomparire nell’abisso, la fine di tutto tant’è che poi Ulisse sprofonda nell’Oceano così come sprofonda nella disperazione il protagonista del Canto XXVII cioè Guido da Montefeltro. Sono due itinerari molto diversi ma la fine è la stessa cioè la perdita totale della condizione umana. Ecco perché i dannati della bolgia dei consiglieri fraudolenti hanno perso la loro identità umana, non sono più ombre ma fiamme, non possono conservare neppure l’immagine umana che avevano a differenza degli altri dannati. Nell’Inferno ci sono due di queste categorie di peccatori: una è quella dei suicidi che vengono trasformati in alberi e perdono la condizione umana. L’altra è quella dei consiglieri fraudolenti che sono diventati delle fiamme, bruciano nel loro desiderio ardente che li ha portati al nulla».

«Domani celebreremo la giornata del Dantedì, con un evento di straordinario interesse a dimostrazione che i versi del Sommo Poeta sono così attuali da permetterci una sana e bella riflessione sulle potenzialità dell’uomo» commenta la presidente Teresa Rizzo ribadendo che il Comitato ha aderito fin dal 2020, il cosiddetto anno zero, alla giornata in memoria del padre della lingua italiana con svariate iniziative che hanno ravvivato le tracce lasciate dalla sua poetica. Tra queste si ricorda l’installazione tre anni fa di un leggio in metallo (opera dell’artigiano Flecca di Cropani) all’interno del Parco della Biodiversità che oltre a un richiamo simbolico, si rivela utile a quanti vogliono concedersi, nell’amenità del luogo, momenti di studio e di riflessione. Ogni evento ha rivelato al pubblico le infinite ragioni per cui ha ancora senso leggere la Commedia.

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