«Il “caso” Maria Chindamo, femminicidio di ‘ndrangheta: storia di donne e libertà»; questo il titolo dell’incontro tenuto venerdì 17 maggio nell’Auditorium del Liceo Campanella davanti ad una platea di studenti che con grande partecipazione emotiva hanno vissuto il ricordo di una storia, di una tragedia, di una Donna la cui vita è stata spezzata a causa dell’ignoranza, del pregiudizio, della prepotenza, della criminalità che caratterizzano la cosiddetta “cultura mafiosa”.
L’incontro rientra nel progetto “La giustizia adotta la scuola”, promosso dalla Fondazione Occorsio con la quale il Campanella collabora da qualche anno; negli anni passati le tematiche proposte hanno riguardano aspetti della storia contemporanea puntando l’attenzione sugli “anni di piombo” che hanno fortemente segnato un periodo buio del nostro Paese. Quest’anno invece, sempre nel solco del progetto d’Istituto di Educazione civica, il percorso seguito dagli studenti ha avuto come nucleo centrale la storia di Maria Chindamo, una donna scomparsa per mano della ‘drangheta il cui corpo non è stato mai ritrovato perché dato in pasto ai maiali. Una fine atroce che trova il movente in ragioni di vendetta, di odio e di sopraffazione. A parlarne due ospiti d’eccellenza: la dott.ssa Cettina Iannazzo, sostituto procuratore presso il Tribunale di Vibo Valentia e Vincenzo Chindamo, fratello di Maria che da anni è impegnato in prima linea, in tutta Italia per raccontare una storia disperata dalla quale trarre, però, le ragioni di una rinascita culturale.
La dott.ssa Iannazzo ha ripercorso, ricordando il tragico momento della scomparsa della donna, l’iter giudiziario che ha accompagnato anni di indagini fatti di depistaggi e di collaboratori di giustizia; ha ricordato i mezzi adoperati nel tentativo di ricostruire quanto accaduto quella tragica mattina del 6 maggio del 2016, le macchie di sangue, il motore della macchina acceso e il vuoto di sofisticate telecamere di sorveglianza tenute maniacalmente in funzione e puntualmente disattivate la sera prima della scomparsa di Maria Chindamo. Il magistrato Iannazzo non senza emozione ha ricordato anche il momento in cui, grazie a testimonianze rivelatesi fondamentali e acquisite nel corso delle lunghe indagini, si è compreso che il corpo di Maria era stato affidato ad una fine disumana e consegnato in pasto ai maiali.
Da qui in avanti la testimonianza di Vincenzo Chindamo, l’emozione di un uomo ferito negli affetti più cari, costretto a dare la notizia della scomparsa prima e della “probabile” morte dopo, alla madre e ai tre figli di Maria. Un’ora di racconto incessante animato dal desiderio di comunicare soprattutto l’eredità lasciata da una donna condannata a morte sol perché aveva osato rompere regole ataviche di sottomissione e resa ai luoghi comuni di un patriarcato ostile ad ogni forma di civiltà e civile convivenza. Una donna, Maria, “allegra, aperta alla vita, dinamica con il desiderio di cambiare, di crescere, di lavorare, di conquistare la sua autonomia e il senso di responsabilità verso i propri figli”. Una donna che rivendicava il diritto naturale alla libertà e lo faceva usando l’unico strumento che la sua famiglia di origine, i genitori insegnanti, le avevano trasmesso: lo studio, la cur-iosità verso ogni forma di conoscenza e l’amore per la sua terra. Una terra compromessa dalla brama di chi, in una visione feudalistica, voleva “rubargliela” privandola di un sogno, un sogno di libertà! E proprio su quella terra, davanti a quel cancello ogni anno il 6 maggio si riuniscono centinaia di persone, centinaia di giovani a ricordare Maria Chindamo, il cui nome riecheggia come speranza di riscatto e cambiamento.
La dirigente scolastica, dott.ssa Susanna Mustari, ha evidenziato come la Calabria abbia bisogno di testimoni “gentili” che aprano le menti ai valori di libertà e diano speranza ai tanti giovani che si adoperano per la costruzione di una cultura lontana dalle logiche ‘dranghetiste: “La scuola educa le menti, propone modelli culturali che rifuggono da stili di vita malati e sofferenti dentro una sudditanza ricattatoria quale la criminalità organizzata impone con forza. Le testimonianze della dott.ssa Iannazzo e di Vincenzo Chindamo sono per noi strumento di forza per proseguire nel nostro percorso culturale e nella formazione di giovani pronti a restituire voce a Maria Chindamo, donna di coraggio e libertà! Oggi il Liceo Campanella è “La terra di Maria”, una terra fertile che va coltivata con generosità perché è simbolo di speranza, paradigma di cambiamento, luogo in cui ognuno di noi trova le ragioni per rinascere”:
Tanta emozione tra gli studenti che si sono trattenuti a lungo con Vincenzo Chindamo il quale, nonostante l’orribile tragedia, ha sottolineato come la sofferenza possa trovare un senso unicamente nell’arricchimento personale della propria umanità. Vincenzo Chindamo, testimone non eroe, di una quotidianità che opera per la “giustizia” e per il rispetto della Vita!
Al liceo Tommaso Campanella di Lamezia “La Terra di Maria”
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