“Il sindaco ha sempre saputo quello che facevo nel cimitero e mi ha anche detto che c’era un fascicolo aperto dalla Dda”. E’ quanto dichiarato dal custode del campo santo di Tropea, Francesco Trecate, nel processo sul ‘Cimitero degli orrori’ rivelato nel febbraio 2021 da una indagine della Guardia di finanza di Vibo Valentia che ha mostrato violazioni di sepolcri, estumulazioni illecite, cadaveri distrutti con il fuoco, o con il martello, per fare posto alle salme di nuovi defunti.
Le dichiarazioni di Trecate sono state ora acquisite dal Tribunale di Vibo, con il consenso del difensore e della Procura, nel processo che vede l’ex custode del cimitero imputato insieme al figlio per quella gestione illecita. Trecate, oltre all’ex sindaco di Tropea Giovanni Macri’, ha chiamato in causa due ex dipendenti comunali e un’impresa funebre.
“La maggior parte delle cappelle private nel cimitero di Tropea sono state realizzate senza concessione. Nessuno ha mai effettuato un controllo nel cimitero, ognuno ha sempre fatto cio’ che voleva e nessuno mi ha chiesto spiegazioni – ha detto Trecate – per comprendere come facessi io a tumulare i defunti nonostante vi fosse la piena consapevolezza da parte dell’amministrazione comunale dell’assenza di posti”.
La vicenda del cimitero e’ finita anche al centro del decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Tropea, di recente confermato dal Tar del Lazio che in sentenza ha ricordato come il custode sia stato arrestato per “estumulazioni illecite al fine di riutilizzare i loculi e destinarli ai defunti di appartenenti alla locale cosca nonche’ degli stessi amministratori e, in particolare, del sindaco”.