di Enzo Cuzzola – Noi che siamo cresciuti nella Vallata del Calopinace abbiamo conosciuto una stagione che oggi sembra quasi mitica: quella dell’oro verde, il bergamotto. Non era solo un agrume, e nemmeno solo un’eccellenza agricola: era ricchezza diffusa, identità condivisa, respiro di comunità.
L’infanzia profumata d’essenza
Molti di noi conservano ancora nitido il ricordo del cascolo, la bergamottedda o rangedda: i frutti caduti raccolti dai ragazzi durante le estati. La consegna ai mediatori di quartiere era un piccolo rito popolare. Il ricavato, modesto ma prezioso, significava spesso un gelato per tutti.
La nostra economia domestica aveva radici nell’orto, sì, ma il bergamotto era ciò che permetteva il di più: un paio di scarpe nuove, un giocattolo, un libro di scuola.
Padri e madri lavoravano nei giardini come coloni o braccianti dei proprietari terrieri. Un lavoro duro, ma che teneva insieme terra, dignità e futuro.
Le fabbrichette e il profumo nei vicoli
Il profumo dell’essenza era un tratto dell’aria stessa. In ogni contrada c’era un piccolo trasformatore: una o due macchine a du coppi, i torni che pelavano la scorza, l’olio che colava nelle bottiglie verdi.
Per anni, persino il telefono pubblico del quartiere era in duplex con lo stabilimento Vilardi di Riparo: se chiamava la fabbrica, noi aspettavamo. Era una scena semplice, ma dice tutto: il bergamotto era la vita della comunità.
Poi arrivò il cemento
Le logiche della rendita immobiliare furono rapide e spietate.
Giardini abbattuti, case al loro posto.
Ogni filare sradicato era un pezzo di storia che se ne andava.
Molti videro in quel passaggio una modernizzazione inevitabile. In realtà fu la fine di un equilibrio antico.
Oggi, le superfici coltivate nella Vallata sono poche e frammentate. Eppure, paradossalmente, il bergamotto sta vivendo altrove una nuova primavera: cresce l’interesse della cosmetica, della nutraceutica, dell’aromaterapia, della ricerca scientifica.
Perché non qui? Perché non adesso?
La proposta
La Vallata del Calopinace dovrebbe diventare il luogo della memoria viva del bergamotto, non un semplice ricordo.
Per questo proponiamo la realizzazione di un:
Parco Urbano del Bergamotto
un parco agricolo-museale che sia insieme luogo educativo, culturale e identitario.
Sarebbe composto da:
Giardino storico con le diverse cultivar del bergamotto;
Fattoria colonica ricostruita e visitabile, con attrezzi e tecniche tradizionali;
Museo contadino della Vallata, con fotografie, oralità e oggetti quotidiani;
Piccola distilleria didattica, per mostrare ai visitatori l’estrazione dell’essenza;
Spazi per laboratori, scuole, eventi, cammini lenti e degustazioni.
Non un monumento nostalgico, ma un luogo vivo.
Un parco che educa, produce consapevolezza, crea economia dolce.
Un investimento sulla memoria come futuro.
La memoria non è passato: è possibilità
Il bergamotto non è solo un frutto.
È linguaggio, storia, lavoro, comunità.
È ciò che ci ha reso ciò che siamo.
E oggi, mentre il mondo riscopre ciò che noi rischiamo di dimenticare,
abbiamo il dovere di raccontarlo, custodirlo e restituirlo ai nostri figli.
Un Parco Urbano del Bergamotto nella Vallata del Calopinace non sarebbe solo un progetto:
sarebbe un atto d’identità.
Un Parco Urbano del Bergamotto nella Vallata del Calopinace
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