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Reggio, l’alleanza tra ‘ndrangheta e rom nei rioni di Modena-Ciccarello: 27 misure cautelari per estorsione, usura, droga e armi

di Claudio Cordova – Tutto nasce da una microspia ritrovata in un giardino. “Qua va a finire che fanno l’operazione ‘Garden’” dice uno degli indagati. Mesi dopo, è proprio così. La Guardia di Finanza espugna quello che, da sempre, è considerato un “fortino” per la ‘ndrangheta di Reggio Calabria, il quartiere Modena-Ciccarello, territorio complesso, dove sottili equilibri tra cosche e comunità rom dominano.

Oggi, l’inchiesta “Garden”, oltre a portare in custodia cautelare 27 persone, ricostruisce proprio quei rapporti, che si sarebbero evoluti, con la comunità nomade capace di continuare a essere sì manovalanza dei clan, ma anche di acquisire una certa autonomia, soprattutto con riferimento alle attività legate alla droga.

L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria mette nel mirino le cosche Borghetto e Latella, considerate famiglie “satellite” della storica cosca Libri, (ri)portando alla ribalta le figure dei fratelli Cosimo e Gino Borghetto, già in passato coinvolti in indagini di ‘ndrangheta. Associazione mafiosa, estorsione, usura, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti i reati contestati agli indagati. Contestualmente agli arresti, peraltro, il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha sequestrato anche una imbarcazione, alcuni immobili, una società agricola, diversi terreni e varie autovetture.

Un territorio difficile, quello di Modena, Ciccarello, ma anche di San Giorgio Extra, soggiogato dalle cosche tramite atti intimidatori violenti e una capillare attività estorsiva. In questo contesto, sarebbe emerso il ruolo della famiglia Borghetto-Latella. Un esponente di spicco di un’altra famiglia della ‘ndrangheta reggina indica in una intercettazione la famiglia Borghetto-Latella” come “la corona della nostra testa”. E lo stesso Cosimo Borghetto riuscirebbe a relazionarsi da pari a pari con un soggetto influente della famiglia Tegano, come Gino Molinetti.

Proprio una intercettazione tra i due appare particolarmente preziosa nel documentare quanto i due boss della ‘ndrangheta fossero preoccupati dalle possibilità che gli imprenditori potessero scegliere di denunciare le richieste di estorsione o di essere strozzati dall’usura. Un dato sottolineato dal procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, che insieme al procuratore aggiunto Walter Ignazitto ha coordinato l’indagine. Con le altre cosche di ‘ndrangheta, dunque, vi sarebbe stato un vero e proprio patto federativo: addirittura, gli esponenti della famiglia De Stefano si sarebbero attivati per sostenere economicamente le famiglie degli uomini dei Borghetto detenuti.

Il rapporto con i rom, poi, si sarebbe evoluto, non solo nella ormai storica alleanza, che vede i nomadi come manovalanza criminale, ma anche oltre il semplice “do ut des”, con gli appartenenti alla comunità rom che avrebbero fornito le armi da guerra rinvenute dagli oltre 300 militari della Guardia di finanza impegnati, in cambio anche di uno spazio di autonomia e libertà delinquenziale. Nel corso delle perquisizioni, infatti, sono state rinvenute decine di armi, tra cui mitragliette, fucili e pistole, alcune, come dicono gli stessi intercettati, anche capaci di bucare le auto blindate.

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