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Ponte sullo Stretto, via il tetto agli stipendi nel dl Assett: è polemica. Ciucci: “Non riguarda Cda”. Bonelli: “Mangiatoia di Stato”

“L’ipotesi di norma di deroga al tetto degli stipendi riguarda l’assunzione di dipendenti, ovvero ingegneri ed esperti con le massime competenze, da parte della Società e non è rivolta al Presidente e all’Ad e in generale al Consiglio di Amministrazione” Così l’a.d Pietro Ciucci della Società Stretto di Messina raggiunto telefonicamente dall’ANSA sottolineando che la società assumerà 100 risorse da Anas e Rfi aziende per le quali il tetto non è previsto.

A quanto si legge dalla bozza del dl Asset che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri lunedì, la società incaricata della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina sarebbe esonerata dalle disposizioni sul tetto di 240mila euro per i manager pubblici. All’articolo 15 della bozza infatti si legge che alla società “non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 11, commi 6 e 7, e 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175”.

Aumento di capitale per la società incaricata della progettazione e realizzazione del collegamento tra la Sicilia e il continente, ossia il Ponte sullo Stretto di Messina. È quanto prevede la bozza del dl Asset che dovrebbe arrivare lunedì in Consiglio dei ministri. All’articolo 15, capo III, della bozza sulle ”disposizioni urgenti per garantire l’operatività della società concessionaria di cui all’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158”, si legge infatti che ”al fine di determinare la composizione dell’azionariato della società concessionaria, il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede a sottoscrivere, entro il 31 dicembre 2023, compiendo ogni atto a tal fine necessario, un aumento di capitale della società allo stesso riservato”

Ma per Ciucci “non ci sarebbe un costo aggiuntivo per la finanza pubblica. È noto che per altre società comparabili dell’area pubblica non si applica il tetto agli stipendi. La società ha ricevuto dal Governo e dal Parlamento il compito di realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, un investimento di oltre 10 miliardi di euro, il più grande investimento italiano degli ultimi decenni e il ponte sospeso più lungo al mondo che sta riscuotendo interesse a livello mondiale”.

“Per affrontare questo straordinario progetto la Società deve poter contare sulle migliori professionalità ingegneristiche e tecniche per poter dialogare, negoziare e controllare tutti i soggetti italiani e internazionali coinvolti nella realizzazione che possono contare su organizzazioni di primo livello”, conclude Ciucci.

Il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli parla invece di una norma “salva Ciucci”. “Nel decreto Asset , vero blitz di agosto del governo Meloni-Salvini, c’è una norma salva Ciucci, l’amministratore delegato del Cda della società ponte sullo stretto di Messina. Pietro Ciucci già presidente e direttore generale Anas, è andato in pensione nel 2013 con un assegno da 1.825.745 euro e con una pensione d’oro di oltre 10mila euro mese”.

“Nel decreto del governo Meloni – prosegue Bonelli – è stata inserita una norma che non applica il divieto a persone in quiescenza di avere incarichi pubblici, di consulenza e dirigenza ai sensi dell’art.5 comma 9 del DL 95/2012 e a cui non verrà applicato l’art.1 comma 489 della legge 147/2013 consentendo di far saltare limiti di compenso. L’Ad Ciucci, forse non lo avevano avvertito che nel decreto Asset c’è una norma che lo riguarda e che gli consentirà di accumulare pensione e compensi facendo saltare divieti di cumulo e limiti di compenso“.

“Questa per noi continua ad essere la vergogna del Ponte sullo stretto di Messina, che era e rimane una mangiatoia di Stato. Prima del ‘decreto Salvini’ era stato sperperato quasi 1 miliardo di euro tra stipendi, consulenze, affitti e progetti. Il sud non ha ferrovie, depuratori, mentre sanità e scuole sono abbandonate a se stesse, la parola d’ordine è sottrarre 15 miliardi di euro alle vere priorità. Un governo che leva i limiti degli stipendi dei grandi dirigenti mentre dice no al salario minimo,” conclude Bonelli.

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